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Raccolta dei ceci, Etiopia, 2015.
Raccolta dei ceci, Etiopia, 2015. | Copyright: Wikipedia commons

Di acqua, terra e emergenza

Siamo stati alla fiera digitale di una grande organizzazione agroalimentare. Nella circolarità e nel riuso passa il futuro di ciò che mangiamo.

Raccolta dei ceci, Etiopia, 2015. | Copyright: Wikipedia commons
Elena Resta

(1975) vive a Ravenna. È esperta di industria alimentare e si occupa di divulgazione e comunicazione.

Il passaggio da modelli economici lineari verso modelli circolari non è mai stato più urgente. La gestione dell'emergenza che ha caratterizzato le prime fasi della pandemia in corso ha interessato l'intera catena di produzione ed approvvigionamento alimentare. I leader di settore si stanno adoperando per proporre strategie ed attuare pratiche di economia circolare nell'ottica di costruire un sistema economico e sociale in grado di affrontare le sfide future con maggiore resilienza. 

Di fronte alle avversità, alle emergenze rappresentate dalle diffuse crisi economiche che si stanno profilando a livello globale affiora sempre la tentazione di sospendere o aggirare le iniziative inerenti la sostenibilità. Ma oggi ancor di più sappiamo quanto questo sarebbe miope. Molte delle questioni che il mondo industriale e sociale si è posto della pandemia, come i cambiamenti climatici, le condizioni di lavoro e gli sprechi alimentari sono importanti oggi ancora più di prima. Le aziende che privilegeranno la sostenibilità durante la ripresa e ricostruzione economica creeranno di fatto una struttura resiliente nel lungo periodo in grado di affrontare il futuro con prospettive di rischio ben ridotte. 

Crescita economica, inclusione sociale e tutela dell'ambiente sono temi centrali dal 2015 per ben 193 paesi ONU che hanno sottoscritto l'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di un'agenda composta da 17 obiettivi volti a guidare i vari paesi in un percorso di crescita globale con la centralità del pianeta e dell'umanità come fondamento di ogni scelta. In questo concetto l'economia circolare applicata ad una delle filiere più importanti per il sostentamento della popolazione mondiale - l'industria alimentare-  diventa una scelta che non può più essere rimandata.  La comunità scientifica sta mettendo a punto risorse e competenze per soluzioni circolari in risposta ad una sensibile esigenza ormai reclamata da cittadini e consumatori sempre più consapevoli. 

Si rende necessario, ora più che mai, la messa in atto di politiche concrete nazionali ed internazionali in grado di raccogliere le opportunità maturate in questi momenti tanto difficili quanti significativi. Solo così potremo incubare veramente il cambiamento e trasformarci in una nuova versione di cittadini: consapevoli del proprio impatto ambientale e custodi della sacralità della Terra. 


Una fiera in stato di emergenza

Chi ricerca nel campo dell'alimentazione conosce con buona probabilità l'IFT - l'Institute of food Technologists, un forum di professionisti e tecnologi alimentari che si riuniscono con l’obiettivo trasformare le attuali conoscenze scientifiche in soluzioni innovative a beneficio di un'alimentazione sostenibile e in grado di sfamare l'intera popolazione mondiale. La vision di questa organizzazione è quindi molto ambiziosa: "Nutrire le menti che alimentano il mondo".

La convention ed esposizione annuale dell'IFT si tiene in diverse città americane ogni anno tra giugno e luglio, e da quasi 50 anni è uno degli appuntamenti più importanti per intercettare le sfide e le esigenze globali del settore alimentare.

Il tema è ricorrente: si tratta quasi sempre di individuare nuove materie prime e tecnologie in grado di migliorare le qualità dei prodotti alimentari industriali. Quest'anno, però, come era prevedibile, l'epidemia ha avuto un ruolo centrale non solo nell'influenzare la modalità degli incontri (che sono stati svolti in forma digitale), ma dettando i temi stessi dell'agenda.

In breve: la crisi sanitaria ha provocato una crisi economica e sta rapidamente aggravando una crisi alimentare e nutrizionale a livello globale. Nel giro di poche settimane, l'epidemia ha messo a nudo i rischi, le fragilità e le disuguaglianze sottostanti i sistemi alimentari globali, spingendoli pericolosamente verso il punto di rottura. I blocchi delle frontiere, le interruzioni di fornitura conseguenti (che in India, in Malesia, negli Stati Uniti ed in molte altre nazioni hanno creato problemi di accesso a beni alimentari fondamentali a un numero impressionante di persone) hanno mostrato i limiti sistemici dell'organizzazione alimentare sulla quale abbiamo basato i nostri modelli di sviluppo sociale dal dopoguerra ad oggi.

Quanto è successo in altri campi economici ed industriali, è successo anche in questo. Una necessità si è fatta strumento per rivedere molti capisaldi del nostro attuale sistema, tra questi la sostenibilità della filiera e l’indipendenza produttiva.

L'edizione 2019 della fiera dell'Institute of food Technologists

L'edizione 2019 della fiera dell'Institute of food Technologists | IFT

Acqua, terra e frontiere

È ormai noto come le terre coltivabili a disposizione, a livello globale, stiano diminuendo, a fronte di un continuo aumento della popolazione. La massimizzazione della resa produttiva per terreno agricolo, però, è stato altresì dimostrato che non possa passare esclusivamente dai trattamenti in campo (per esempio l'uso degli anticrittogamici) senza fare pagare uno scotto, anche importante, a livello di sostenibilità ambientale e salute. L’approccio all’aumento della resa per ettaro deve coinvolgere quindi tutta la filiera, rinnovando e rivedendone anche le basi. 

In questo si innesca l’importanza di un aumento del consumo di prodotti di origine vegetale ed un sensibile calo del consumo di prodotti animali. I prodotti vegetali, infatti, necessitano di meno risorse (acqua, terreno, ecc.) a parità di resa nutrizionale e, spesso, si offrono per un ciclo integrato produttivo che può aprire nuove frontiere. È questo il caso dei legumi, cui quest'anno il congresso IFT ha portato un’attenzione particolare.

Luca Serventi, PhD della Lincoln University New Zealand, e Rana Mustafa, PhD, University of Saskatchewan Canada, hanno portato all’attenzione come la crescente domanda di proteine vegetali stia portando a livello globale un forte aumento di produzione di legumi e prodotti derivati da legumi secchi (ottimali per la conservabilità), con conseguenti grandi volumi di acque reflue, ovvero acque di ammollo. Quest'acqua, chiamata aquafaba, è ora ampiamente utilizzata dalla comunità vegana come sostituto di uova e latte.

L’industria alimentare, che sta sfruttando sempre più i legumi secchi ed i loro derivati (fibre, farine, proteine) al fine di produrre prodotti vegetali anche simil-carnei e simil-caseari, si sta fortemente interessando alle potenzialità delle acque di risulta, che oggi, vengono semplicemente rilasciate come scarto produttivo.  Gli studi in corso hanno dimostrato che l'acqua di ammollo dei legumi essiccata esercita un'eccellente capacità antiraffermo naturale. Questa scoperta può diventare centrale nel mondo dei prodotti da forno a lunga conservazione, considerando che oggi per mantenere i prodotti da forno morbidi per periodi molto lunghi (30-60 giorni) si rende spesso necessario intervenire con additivi ad azione emulsionante (E471, per lo più in Italia). L’aquafaba, ricca in fibre e saponine naturali, una volta essiccata potrebbe quindi agire in sostituzione di molti additivi antiraffermo oggi in utilizzo. Un’applicazione analoga proposta è nei gelati; infatti l’aquafaba in quanto ricca in fibre e saponine han dimostrato di potere sostituire gli idrocolloidi oggi in utilizzo per dare corpo e cremosità ai gelati, sorbetti e dessert.

In aggiunta a queste importanti performance tecnologiche si aggiunga che le acque di conserva, a seconda del tipo di legumi conservati, hanno importanti valori nutrizionali ed elevate attività prebiotiche. Legumi diversi rilasciano profili diversi di proteine, oligosaccaridi, fibre solubili e insolubili; ceci e piselli gialli spezzati hanno offerto i risultati più promettenti dal punto di vista nutrizionale.

L'industria agroalimentare del futuro di ieri, tutta incentrata sulle biotecnologie e l'ingegneria.

L'industria agroalimentare del futuro di ieri, tutta incentrata sulle biotecnologie e l'ingegneria. | S. Woodside / Flickr

Una sfida importante dell'industria alimentare: la circolarità

La sfida attuale cui l’industria alimentare si sta dedicando è di sviluppare un processo a "rifiuti zero". Nel caso sopracitato dell'aquafaba, si tratta ad esempio di mettere a punto un processo di standardizzazione. Di fatto, quindi, non gettando quelli che fino a oggi erano considerati prodotti di scarto, ma riutilizzandoli, e ponendo le basi di un sistema circolare. Ma per fare questo, è necessario partire di nuovo dall'inizio della filiera: massimizzare (in modo sostenibile) la resa dei legumi e le risorse utilizzate, promuovendo gli sforzi livello mondiale, incentivando la produzione e cosí via.

Le innovazioni per la sostenibilità e per la realizzazione di un’economia circolare da estendere al sistema agroalimentare hanno per lungo tempo rappresentato delle vere e proprie “nicchie” sociali e tecnologiche dove l'innovazione veniva sviluppata, implementata e testata.  Ora i tempi sono maturi e la società è sempre più consapevole dell'importanza di fare emergere il potenziale di approcci sostenibili che ottimizzino le rese produttive partendo da un concetto di eliminazione degli scarti e sfruttamento consapevole di ogni momento della filiera.

Nel frattempo, l'opera di sensibilizzazione operata dai principali forum mondiali è battente e sempre più supportata da evidenze di tipo scientifico. I mondi della scienza, della tecnica, dell'economia e dell'ecologia stanno sempre più convergendo uniti verso l'obiettivo di fare accogliere questi nuovi modelli produttivi, dalle grandi catene produttive alle aziende centrali di settore. Allora sarà certamente più facile riuscire a mettere in moto dei meccanismi di imitazione trascinanti il comparto agro-alimentare verso le direzioni sperate.
 

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Globale - 2020
Tecnologia
Elena Resta

(1975) vive a Ravenna. È esperta di industria alimentare e si occupa di divulgazione e comunicazione.

Pubblicato:
18-07-2020
Ultima modifica:
14-12-2021
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