Narcisistagram - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Summer selfie
Summer selfie | Copyright: Ádám Fedelin / Flickr

Narcisistagram

Social network, Vanità e Depressione - quale correlazione?

Summer selfie | Copyright: Ádám Fedelin / Flickr
Alessandro Isidoro Re

scrive di tecnologia e filosofia per varie riviste tra cui L’indiscreto e Linkiesta. È tra i curatori di Milano Digital Week e fondatore di Social Innovators, associazione impegnata nella divulgazione di temi e progetti legati all'innovazione sociale.

Francesca Monica Colombo

è psicologa clinica ed esperta di disturbi alimentari. Si occupa del trattamento di coppie in situazioni ad elevata conflittualità attraverso l’uso della mediazione famigliare e coordinazione genitoriale. È inoltre tutor per ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento come dislessia e discalculia. Vive a Milano.

Il mito

Narciso era un giovane dalla straordinaria bellezza che vantava incessantemente la propria perfezione e riteneva che nessuno potesse essere alla sua altezza, tanto da arrivare a respingere perfino Eros - il Dio dell'Amore. Nonostante il suo straordinario fascino e bellezza, alla fine tutti i pretendenti desistettero… tranne uno.
Aminia era l’unico che non si dava per vinto, l’unico che cercava in ogni modo di conquistare Narciso e di farsi amare da quest’ultimo. Narciso però non cedette neanche a lui e disse ad Aminia che se lo avesse amato davvero come diceva si sarebbe dovuto uccidere (sì, come la canzone di De André); il giovane, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse con la spada che quest’ultimo gli aveva donato. Quello che Narciso non sapeva, però, era che Aminia, prima di morire, aveva invocato gli Dei per ottenere vendetta; e quest’ultima si compì quando Narciso, contemplando la sua immagine riflessa nell’acqua com’era solito fare, si innamorò perdutamente di se stesso… Preso dal pentimento e dallo struggimento per quell’amore impossibile, l’unico della sua vita, Narciso prese la spada con cui si era trafitto Aminia e si tolse anche lui la vita.


 
 

Il disturbo narcisistico di personalità: origine e analogie con disturbo depressivo e ipomaniacale

Partendo da questo celebre mito è possibile spiegare il disturbo narcisistico di personalità come la continua necessità di essere apprezzati dagli altri, riconosciuti come grandiosi ed eccelsi nei diversi ambiti della vita senza mai ricambiare in alcun modo, ma anzi, screditando sempre più l’altro.

Il “narcisista” è colui che viene definito in psicoanalisi come un “tutto vuoto”, perché ha bisogno di costanti conferme esterne per potersi definire: la grandezza che narra, la superbia e il disprezzo verso gli altri gli danno la sicurezza di essere forte, capace e migliore di chiunque altro.

In realtà, la persona con questo tipo di disturbo ha alle spalle storie relazionali aride ed emotivamente frustranti: la sua modalità relazionale non è nient’altro che un’importante difesa dalla propria fragilità

Egli ha imparato, fin da bambino, che l’unico modo per essere visto e riconosciuto dai propri genitori e in seguito dalle altre persone, è proprio attraverso questa sola modalità: mettendosi in mostra e vantando le proprie caratteristiche migliori, competendo con gli altri ed essere vincente in tutti i contesti possibili. Ma c’è di più: secondo l’autrice psicoanalitica McWilliams (2012) in alcune famiglie vi sarebbero dei figli molto più sensibili di altri ai messaggi paraverbali dei genitori: si parla di bambini "con le antenne”, estremamente attenti al “non detto”, ai messaggi non verbali dei genitori e sensibili a qualsiasi tipo di movimento e parola da parte delle figure di attaccamento.

Alice Miller nel 1975 afferma che spesso i genitori abusano inconsciamente di queste caratteristiche innate dei figli per mantenere la propria autostima e usare questi ultimi come i propri prolungamenti narcisistici.

In questo modo i bambini imparano che le loro emozioni e i loro segnali non captati, non tradotti e non presi in considerazione, non siano importanti e che per essere considerati nella vita adulta quello che conterà sarà ignorare gli altri così come loro sono stati trascurati da bambini. Si va così a sviluppare un sé narcisistico che viene riempito dalle conferme degli altri e non dà niente in cambio.

Il narcisismo, infatti, si dice essere l’altra faccia della depressione, definita come un “tutto pieno”, esattamente l’opposto della prima.

Mentre il narcisista ha bisogno di conferme e approvazioni altrui, rimandi per poter capire e dare un senso al proprio essere, poterlo definire e potersi così difendere dal proprio vuoto, colui che è caratterizzato da un disturbo depressivo è invece “pieno”. Pieno di rabbia, di sensi di colpa, di pensieri, di idee che si alimentano a vicenda: per questo sono uno lo specchio dell’altro. Due facce della stessa medaglia.

Il narcisista, così come anche l’ipomaniacale - con il quale condivide qualche tratto, - cerca in ogni modo di mostrare gli aspetti migliori di sé agli altri, quelli più grandiosi e perfetti, che si vanno a contrapporre solitamente con le caratteristiche antitetiche del proprio interlocutore. A differenza del narcisista, l’ipomaniacale però non ha come obiettivo quello di svalutare l’altro per trarre da questo il proprio valore: egli viene invece paragonato a una “trottola”; perché gira incessantemente, senza fermarsi, per non sentire il proprio vuoto… Spesso, il soggetto con tratti ipomaniacali è impegnato in molte attività e progetti, conosce molte persone, ha diverse relazioni interpersonali ed è fugge la solitudine. Condivide con il narcisista la copertura della propria depressione e tenta in ogni modo di nasconderla agli altri e a se stesso, mediante diverse e svariate attività, ma senza denigrare nessuno e senza mettere in mostra eccessivamente le proprie qualità (McWilliams, 2012)

La modalità relazionale del narcisista è invece volta proprio all’ostentazione della propria bravura e grandezza, svalutando così l’altro e/o mettendo in risalto i propri pregi.
Perché tutto questo? Perché alcune persone hanno bisogno di bearsi da sole agli occhi degli altri e svalutare questi ultimi? Lo fanno perché il loro Sé risulta talmente poco definito, talmente fragile e privo di identità, da essere alla continua ricerca di qualcuno che possa aiutarli ad abbandonare quest’insicurezza di fondo e poter così trovare pace (una pace transeunte e caduca) in un mare di pensieri che alimentano preoccupazioni e incertezze circa il proprio valore.

Da tutto ciò si può dedurre che dietro il narcisista si nasconda una grande quota di depressione, molto dolorosa da individuare e da trattare: il narcisista cerca conferme da parte degli altri, si pasce di se stesso e si mostra grandioso per nascondere in ogni modo la propria debolezza e la propria depressione; talvolta così potente d’aver bisogno di essere negata per non doverla affrontare e, soprattutto, per non doversi affrontare.

Allo specchio

Allo specchio | Victor Sassen / Flickr


Narcisismo e Social network

E nei social network? Che cosa appare? O meglio, che cosa si vuole mostrare? La propria perfezione o la propria fragilità? Come già citato nell’articolo precedente, nella società attuale non può che essere promosso un ideale di perfezione che dev’essere necessariamente rispettato e inseguito da tutti gli utenti.

Instagram primo fra tutti, così come Facebook e il neonato Tik Tok, non fanno altro che promuovere gli standard di bellezza e di perfezione di cui già lungamente abbiamo discusso; di conseguenza, il tratto di personalità del narcisismo trova terreno fertile in questo mondo digitale. Mondo che promuove la grandiosità, l’esaltazione di sé, la presunta perfezione, di quello che si fa, di quello che si dice e di dove si va.

Nel momento in cui apriamo la nostra pagina Instagram siamo costantemente assaliti da immagini pubblicitarie che promuovono vacanze da sogno, case arredate con gusto nei minimi dettagli, coppie felici, milioni di like e di apprezzamenti da parte degli altri…per? Cosa? Per sottolineare ancora una volta quanto la vita di gente che non conosciamo sia migliore rispetto alla nostra, per ricordarci che ci manca qualcosa rispetto a loro e ancora una volta ci fa venire voglia di competere; in questo modo corriamo a fotografare la nostra libreria per mostrare che anche noi siamo pieni di libri e ci interessiamo di cultura, o prendiamo a mettere sottosopra il nostro armadio per postare una foto in cui sembriamo più in forma della settimana precedente…

Così via fino a quando anche la nostra bacheca non è piena di “perfezione”, grandiosità, meraviglia e forse anche noi possiamo trarre un po’ di autostima dal numero di like che vediamo apparire tra le notifiche o i commenti che gente sconosciuta ci lascia sotto il nostro ultimo post. Che cosa c’è di diverso rispetto ad un narcisista? Mi sembra poco perché anche noi, in continuazione e quasi ossessivamente, abbiamo bisogno di costruire e definire la nostra identità tramite ciò che gli altri ci rimandano.

Tra i social network mi sento di citare (perché ormai lo sono) anche le app di dating, si i classici “siti di incontri” sui, credo, la maggior parte di noi abbiano fatto un giro almeno una volta anche solo per vedere come funzionassero.

In un mondo costantemente connesso, frenetico, improntato alla produzione dove c’è poco spazio per l’individualità e la soggettività una cosa più di tutte sembra venir meno: una vera, stabile e duratura relazione sentimentale che tutti desiderano ma da cui tutti fuggono. Nella difficoltà di trovare posto in un mondo emozionale e sentimentale, proviamo a metterci in gioco su app di incontri dove, guarda guarda, mostriamo la nostra parte migliore: la foto migliore, la didascalia più simpatica e gli interessi più raffinati per farci scegliere (e scegliere a nostra volta) solo toccando un tasto e cominciando una conversazione.

Il narcisista trova qui pane per i propri denti perché le sue maschere possono facilmente emergere per tutto il tempo in cui egli si trova protetto dietro lo schermo, comodamente seduto sul divano a parlare con persone sconosciute. A loro volta chiunque si trovi a relazionarsi con persone di questo tipo, cerca di mostrare il suo lato migliore e la catena del narcisismo si alimenta da sola.

Le app di dating sono usate da molte persone per i motivi più disparati, ma chi ha tratti di personalità narcisistici più di tutti si avvale di questo strumento per usare i suoi diversi volti e numerose difese per mostrare la sua perfezione a gente che, forse, alla fine non incontrerà mai. Le conversazioni che vengono solitamente portate avanti dal narcisista (il quale sente spesso la necessità di avere il controllo della situazione e quindi anche la volontà di dirigere il discorso verso le tematiche che più preferisce) hanno un’impronta di superficialità, si basano sul racconto di esperienze vissute, beni materiali posseduti, perfezione e grandiosità di ogni azione fatta.

In realtà, dietro frasi sgradite ed eccessivamente “gonfiate” di perfezione e autocompiacimento, si nasconde l’estrema fatica del narcisista a poter instaurare una relazione autentica e mettersi in gioco mostrando la propria parte più vera e fragile. L’app di incontri lo protegge da eventuali fallimenti che possono verificarsi nel momento in cui si spoglia dalle proprie protezioni; le conversazioni asettiche e impersonali con gente sconosciuta dietro ad uno schermo si trasformano in sfide personali per mostrare a se stessi fino a dove si riesce ad intrigare il proprio interlocutore, fino a dove si incuriosirà quest’ultimo al punto da voler organizzare veramente un incontro.

A livello relazionale la persona, con una prevalenza di tratto narcisista, tende a non investire su relazioni durature e nega a se stesso sentimenti quali il calore affettivo, l’intimità e l’empatia. La persona con un tratto narcisistico, nei casi di persona legata all’importanza dell’immagine, è molto capace di intraprendere velocemente relazioni e di manipolarle per apparire popolare e una persona di successo” (Rossi, 2017)

Per quanto il narcisista possa sembrare il soggetto “più orribile” da incontrare, in realtà la grandiosità di cui si vanta e con la quale si protegge, è tanto più grande quanto più è grande il vuoto interiore che cerca di nascondere agli altri e, soprattutto, a se stesso. Il sito di incontri è solo uno scudo dietro al quale si protegge per verificare (nel momento in cui l’incontro avvenisse nella vita reale) se l’interlocutore è un buon soggetto con cui poter sfoderare la sua maschera preferita.

Salfie

Salfie | Shots of carmen fiano / Flickr

Online oppure offline?

Una frase pubblicata da una mia conoscente sotto un ricordo di una laurea mi aveva fatto riflettere: “se non lo posti non è reale” e in riferimento a questo mi sembra importante citare il filosofo Luciano Floridi che ha coniato il neologismo “Onlife” per spiegare come siamo costantemente iper-connessi e dove la distinzione “online-offline” viene sempre più a mancare.

Floridi spiega come probabilmente questa sia l’ultima generazione che possa comprendere o anche solo pensare ad una distinzione tra online e offline, in quanto quest’ultima andrà sempre più ad affievolirsi fino a non percepirla neanche in più. In particolare, egli scrisse: “Vorrei descrivere la nostra società come la società delle mangrovie. […] Le mangrovie crescono in un clima meraviglioso dove il fiume (di acqua dolce) incontra il mare (di acqua salata). Ora immaginate di essere in immersione e qualcuno vi chiede: “l'acqua è salata o dolce?”. La risposta è che: “Mio caro, non sai dove siamo. Questa è la Società delle Mangrovie. È sia dolce che salata. È acqua salmastra”. Quindi immagina che qualcuno ti chieda oggi: “Sei online o offline?”. La risposta è: “Mio caro, non hai idea di dove ti trovi. Siamo in entrambi”»

Da questo importante scritto si può dedurre che ormai la società odierna si fondi sul digitale, esso è parte integrante delle nostre vite, il modo più immediato che abbiamo per comunicare e non è davvero più possibile chiederci che cosa sia digitale e cosa no.

Tuttavia, questo di sicuro non deve diventare il modo attraverso il quale traiamo il nostro valore né una qualche forma di dipendenza tramite la quale creiamo il nostro sè. Credo che tra l’accettare il mondo digitale come parte integrante della nostra vita e parte dell’evoluzione e dipendere dal numero di like che ci appaiono nelle notifiche, ci sia un abisso.

Se non raggiungiamo almeno 50 like sarebbe meglio eliminare la foto? Se il nostro telefono non è costantemente bombardato di notifiche vuol dire che non ci cerca nessuno e che non valiamo niente? Ecco che se usato così il mondo dei social network può diventare dannoso, qui il cerchio si può effettivamente chiudere perché se non raggiungiamo il numero di like di una star, non riusciamo a farci la foto perfetta che metta in evidenza quanto siamo magre, non abbiamo un cane da esibire né una casa in montagna con una vista mozzafiato, pensiamo di non essere all’altezza di quel mondo digitale che poi neanche esiste perché modificato e ritoccato in ogni sua parte.

In questo modo l’altra faccia del narcisismo, la nostra “amata” depressione, viene così a trovarci e a ricordarci che l’ideale che tanto avevamo desiderato e che tanto abbiamo cercato di raggiungere, non arriverà perché non possiamo averlo o perché non abbiamo gli strumenti per raggiungerlo. Che cosa sono poi gli strumenti? I soldi? I follower? La forza di fare una dieta? La predisposizione genetica per avere un fisico longilineo? Sono questi i parametri su cui ci basiamo ogni qualvolta apriamo un social network e ci ricordiamo che la nostra vita non è e non sarà mai come quella? E poste queste condizioni allora davvero non potremo essere felici?

Il cerchio si chiude: narcisismo-social network-depressione

Torniamo così al punto di partenza: il narcisismo come tratto di personalità che per sua definizione ha bisogno dell’altro per definirsi, i social network che alimentano questa modalità di essere e la depressione che si insinua nel momento in cui facciamo i conti con quella che è la nostra realtà e con quelli che sono i nostri mezzi. Ma è davvero “necessario” sviluppare un disturbo depressivo o un’eccessiva svalutazione di noi stessi solo perché non possiamo rispondere a determinati canoni? O meglio, è possibile davvero stare così male nel momento in cui crediamo di non essere all’altezza delle aspettative degli altri? E se agli altri non fregasse assolutamente niente di noi perché sono troppo impegnati a guardare se stessi allo specchio? Se io sono così tanto impegnata in questi pensieri, ad osservarmi meticolosamente o scrutare nei minimi dettagli il mio profilo social, sarò poi tanto concentrata sugli altri? Credo che la risposta in fin dei conti sia “no”.

Quindi, per concludere, passiamo un’infinita quantità di tempo a guardare che cosa fanno gli altri, ma senza preoccuparci di che cosa stiano realmente facendo: in realtà siamo impegnati esclusivamente a fare paragoni con quello che stiamo facendo noi o con quello che NON stiamo facendo. Forse l’unico modo di interrompere il circolo “narcisismo-social-depressione” è davvero quello di guardare di più al proprio benessere e anteporre quest’ultimo a quello degli altri, smettendola di fare confronti e pensando prima di tutto a noi e a quello che ci fa stare bene.

Lo psicologo Luca Mazzucchelli nel 2014 scrisse “La solitudine del social network” in cui spiegò come siamo tutti protagonisti di un “Grande Fratello” dove veniamo osservati e studiati in ogni momento della giornata: è diventato fondamentale “postare” più che vivere e assaporare i momenti e, soprattutto, la foto pubblicata deve essere analizzata e perfetta in ogni sua parte.

Non si “posta” per il gusto di farlo; c’è sempre un secondo fine. Dovremmo invece sentirci liberi di non farlo e assaporare semplicemente il momento, svestendoci del del timore del giudizio altrui. Il mio umore e i miei pensieri non possono essere condizionati da quello che uno schermo mi rimanda, non posso io stessa essere influenzata da quello che fanno gli altri né tanto meno aver bisogno di loro per sentirmi meglio con me stessa. Ispirare sì, influenza negativamente no. Dovremmo tendere verso questo orizzonte più sobrio ed equilibrato…

Un medium dinamico per creare comunità di spiriti affini - soprattutto se partendo da posizioni inizialmente agli antipodi - che crea valore nel suo stabilirsi come agorà digitale; questo dovrebbe essere il mondo dei social network. Ma le regole del gioco sono state scritte così, attraverso reward sintetici in un contesto di gamification agonistica. Dovremmo quindi forse costruire una nuova batteria di social media: tante piccole piazze, come quartieri di una città piattaforma, in modo da incrinare l’egemonia oligopolistica dei vari Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin e così via… Una nuova celebrazione di diversità crossmediale che, in tal modo, eliminerebbe anche consequenzialmente l’habitus narcisistico che, come abbiamo visto, è caratteristica intrinseca dell’utente medio degli attuali social media.

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#2 Deep, fake
Alessandro Isidoro Re

scrive di tecnologia e filosofia per varie riviste tra cui L’indiscreto e Linkiesta. È tra i curatori di Milano Digital Week e fondatore di Social Innovators, associazione impegnata nella divulgazione di temi e progetti legati all'innovazione sociale.

Francesca Monica Colombo

è psicologa clinica ed esperta di disturbi alimentari. Si occupa del trattamento di coppie in situazioni ad elevata conflittualità attraverso l’uso della mediazione famigliare e coordinazione genitoriale. È inoltre tutor per ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento come dislessia e discalculia. Vive a Milano.

Pubblicato:
11-01-2021
Ultima modifica:
11-01-2021
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