Perturbanti riflessi del digitale - Singola | Storie di scenari e orizzonti
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Perturbanti riflessi del digitale

In "Per una storia della letteratura elettronica italiana" Roberta Iadevaia ricostruisce la traiettoria di un fenomeno le cui radici affondano molto oltre la nascita dell'informatica. Una recensione.

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Flavio Pintarelli

collabora con diverse riviste e ha pubblicato saggi e raccolte di racconti. Si interessa di urbanistica, architettura, con una passione per gli archivi e i sistemi di classificazione.

Uscito verso la fine dello scorso anno per Mimesis, Per una storia della letteratura elettronica italiana di Roberta Iadevaia si propone l'obiettivo di “tentare una ricostruzione storica della letteratura elettronica italiana”. Capire cosa si intenda con l’espressione “letteratura elettronica” è complesso. Oggi, infatti, di questo fenomeno che comprende al suo interno diversi generi non esiste ancora una definizione univoca o universalmente accettata, così come di esso ancora non è stato  compilato un canone che ci aiuti a individuarne dei confini chiari entro cui condurne una ricognizione critica.

Prendendo in prestito le parole che l'autrice usa in un’intervista da me condotta e di prossima pubblicazione su FarFarFare, “potremmo definire la e-lit una forma d'arte letteraria che sperimenta col linguaggio dei media digitali”. Ed è proprio nell’approccio che Iadevaia usa per affrontare la relazione tra il suo oggetto di studio e i media digitali che si trova uno degli elementi che rende più interessante il suo percorso di ricostruzione storica: a partire dei modi in cui questo fenomeno, appunto la letteratura elettronica, è stato ricevuto e rilanciato nel nostro Paese. 

I media digitali sono testi caratterizzati da una doppia natura. Utilizzo qui la parola testo in senso semiotico, per indicare uno “spazio metodologico in cui, ricorrendo a codici e a strategie comunicative precisi, c’è uno scambio simbolico tra un progetto di comunicazione e un programma d’uso che prendono rispettivamente il nome di enunciatore e enunciatario”. Essi infatti possiedono un testo di superficie (frontend o interfaccia) e un testo sorgente (backend o codice). 

Entrambi questi elementi sono costituivi del risultato finale - un’opera di letteratura elettronica, un sito web commerciale, un'app per smartphone o qualsiasi altra forma di oggetto mediale a cui le tecnologie digitali possano dare vita - ma non è detto che siano tutti e due comprensibili dalle persone o pensati per essere fruiti da esse. Accanto a loro, nella relazione comunicativa che si stabilisce all’interno dello spazio aperto dai media digitali, ci sono sempre, in una posizione di pari importanza (e, a volte, anche di maggiore importanza), le macchine. Il testo sorgente che costituisce i media digitali è infatti pensato, progettato e realizzato per comunicare con le macchine, che lo traducono in forme e linguaggi comprensibili dalle persone attraverso specifiche interfacce. 

Non è un caso perciò che la relazione tra uomo e computer, tra corpi e macchine, sia uno dei temi ricorrenti e fondamentali della letteratura elettronica. Questa relazione è infatti costituiva della sua stessa materia e, perciò, può essere vista come uno dei suoi elementi principali. A essa si aggiungono altri tre aspetti estremamente caratteristici tanto dei media digitali quanto, ovviamente, anche della letteratura elettronica. Mi riferisco in particolare alla sua natura procedurale, ovvero al ruolo che gli algoritmi hanno nelle opere di letteratura elettronica; alla logica che la sottende, cioè quella del database, ovvero alla scrittura come manipolazione di elementi discreti; alla sua dimensione topografica, ovvero al ruolo che lo spazio riveste nel permettere a tali elementi discreti di stabilire tra loro una relazione di tipo reticolare. 

È in base a queste loro caratteristiche che i media digitali e la letteratura elettronica favoriscono l'inclusione del fruitore all’interno dei loro oggetti o delle loro opere. In relazione a queste il fruitore assume così, entro i limiti definiti dall’interfaccia messa a sua disposizione, un ruolo attivo. Tale ruolo dunque, piuttosto che a oggetti o opere, dà vita a strutture, metodi o mondi.

Se li pensiamo alla luce delle caratteristiche appena elencate, un social network e un multi user dungeon (MUD, un genere di letteratura elettronica molto in voga nel corso di tutti gli anni ‘80 del Novecento) non sembrano avere poi moltissime differenze. Entrambi sono dei mondi da esplorare - caotico e casuale il primo, strutturato e progettato il secondo - all’interno dei quali ci si muove seguendo una struttura a grafo con i cui elementi si interagisce attraverso comandi scritti o possibilità offerte da un’interfaccia. In entrambi, il ruolo del fruitore è attivo e, soprattutto, la sua soggettività si viene a costituire come effetto delle interazioni che opera durante l’esplorazione dello spazio digitale. La soggettività del fruitore affiora infatti grazie alla manipolazione di elementi discreti, come testi e immagini, e si costituisce come il risultato di una serie di scelte: queste si compiono all’interno di uno spazio dato e in relazione o in risposta alle scelte operate da tutti gli altri fruitori di quello stesso spazio. Ciò che distingue un social network da un dungeon multi utente è la natura commerciale del primo, in opposizione a quella “letteraria” o esperienziale del secondo.

Questo confronto ci permette così di cominciare a illuminare la natura della relazione tra i media digitali e la letteratura elettronica, così come Iadevaia la tratteggia nel libro in rapporto allo sviluppo diacronico del fenomeno di cui si occupa. 
A riguardo, l’autrice propone una periodizzazione composta da quattro fasi.

La prima fase rappresenta la preistoria della letteratura elettronica. Comprende gli anni che vanno dal 1950 al 1980, e al suo interno ricadono una serie di opere dal carattere pionieristico. Parliamo per esempio degli esperimenti di poesia combinatoria dell’Oulipo o delle poesie elettroniche realizzate dallo scrittore Nanni Balestrini e dall’ingegnere Alberto Nobis grazie all’uso di generatori computerizzati di testi. 

La seconda fase, che rappresenta la prima generazione di letteratura elettronica, va dal 1980 fino al 1992. Sono gli anni in cui, grazie alla costante riduzione delle dimensioni dei computer, all’introduzione delle interfacce grafiche e dei sistemi operativi, l’informatica diventa un fenomeno di massa. Lo stesso accade per la letteratura elettronica che, con la nascita alle avventure testuali e ai dungeon multi utente, sperimenta generi d’intrattenimento e si affaccia anche al di fuori degli ambiti della ricerca d'avanguardia, a cui resta comunque legata grazie alla letteratura ipertestuale. 

La terza fase, quella che rappresenta la seconda generazione della letteratura elettronica, si apre nel 1993 e si chiude nel 2005. Essa registra l’avvento del web 1.0 e l’influenza che la rete ha esercitato sullo sviluppo della letteratura elettronica con generi come la letteratura generativa, la net.art o la poesia visiva. 

La quarta e ultima fase, che corrisponde alla terza generazione della letteratura elettronica, è attualmente in corso. Essa è caratterizzata da un panorama in cui la computazione, la capacità delle macchine di eseguire calcoli, diventa sempre più trasparente e integrata in un numero sempre più vasto di oggetti quotidiani. Ma è anche la generazione che si confronta coi social network e i videogame e le loro potenzialità come ambienti e/o strumenti per la scrittura elettronica.

Il modo in cui Iadevaia traccia la sua periodizzazione sottolinea come allo sviluppo delle tecnologie e dei media digitali corrisponda il progredire della letteratura elettronica come fenomeno artistico e letterario. I due fenomeni sono infatti collegati tra loro e non potrebbe essere altrimenti, dal momento che della letteratura elettronica fanno parte generi che usano in modo insistente i media digitali come strumenti per la propria ricerca artistica. Tale relazione però non si esaurisce nel semplice utilizzo di tecnologie che progrediscono costantemente e si modificano mano a mano che si diffondono nella società. A rispecchiarsi nella letteratura elettronica non sono solo gli sviluppi e le innovazioni tecniche delle tecnologie digitali, ma anche le grandi questioni teoriche che esse sollevano. 

Durante la preistoria della letteratura elettronica, per esempio, tale fenomeno si inserisce all’interno di una più ampia riflessione sul ruolo e la figura dell’autore. La natura processuale e programmata della letteratura elettronica fa sì che le opere realizzate in quel periodo contribuiscano a scardinare il primato della funzione autoriale. Gli esperimenti di generazione di testi condotti coi primi computer spingono infatti a chiedersi a chi attribuire - tra il programmatore informatico, lo scrittore o la macchina - il ruolo e la funzione di autore dell’opera. La risposta sta ovviamente nell'interazione tra questi elementi, nelle relazioni che li legano e, così, la funzione autoriale tende a estinguersi. Il tramonto dell’autore permette quindi al lettore di assurgere a un ruolo differente da quello di fruitore passivo che la letteratura non elettronica gli attribuiva. Scosso dagli automatismi linguistici indotti grazie a opere che lo portano a contatto con una logica postumana e perturbante, quella delle macchine, il lettore viene messo nelle condizioni di creare l’autore a sua volta.

La riflessione critica sull’autore resterà uno dei nodi teorici della letteratura elettronica anche durante la fase successiva, dominata dalle avventure testuali e dai dungeon multi utente. In alcune delle opere più importanti di questi generi si approfondisce infatti la distanza tra l’autore-scrittore e l’autore-programmatore, i cui programmi possono non essere fatti coincidere, creando così effetti che possono spaziare dal comico al poetico. Allo stesso tempo, questo è anche il periodo in cui l’autore di letterature elettronica si afferma sempre di come progettista di ambienti e designer dell’immaginario al lavoro per costruire e popolare mondi che il lettore è chiamato a esplorare. Esperienze che richiamano in modo diretto la figura del cyberspazio e tutto l'orizzonte di possibilità e riflessioni che questa figura aveva aperto in termini capacità immersiva dei media digitali e costruzione di identità attraverso forme di bricolage elettronico.

Un passaggio che, ancora una volta, viene rilanciato e si approfondisce passando alla fase successiva della periodizzazione proposta dall’autrice. Con l’avvento del web 1.0, le dinamiche di interattività (relazione uomo-computer) e di interazioni (relazione uomo-uomo) si arricchiscono delle possibilità offerte dalla connessione che dispiegano alla letteratura elettronica un potenziale enorme, giocato nella duplice sfida che mira a riprogrammare il testo in base al dispositivo e il dispositivo alla luce del letterario. Un’urgenza, questa, sempre più sentita dalla letteratura elettronica in quella che è la sua terza generazione, ovvero quella caratterizzata da una diffusione capillare e trasparente del pensiero computazionale, le cui logiche vengono installate con sempre maggiore frequenza in un numero sempre più ampio di oggetti della vita quotidiana.

La letteratura elettronica diventa quindi, nella trattazione che Iadevaia ne fa all’interno del suo libro, una lente attraverso cui leggere quella che Franco “Bifo” Berardi chiama la “grande accelerazione”, ovvero tutto l’insieme dei cambiamenti che le tecnologie digitali hanno imposto alla società globale, accelerandone in modo estenuante alcune dinamiche di sviluppo. Una lente critica e deformante che, lavorando con il linguaggio, la materia espressiva verso cui convergono tanto l’uomo quanto i computer, mostra il doppio perturbante e alieno del panorama mediale digitale in cui siamo immersi. La letteratura elettronica lavora infatti dentro e contro i principi che definiscono la “corretta” creazione dei media digitali. Le opere di letteratura elettronica rifiutano quindi tanto la trasparenza delle interfacce, a cui preferiscono l’opacità e l’errore, quanto la funzionalità del codice, che travalicano in direzione dell’estetica. Il loro scopo non è offrire a chi le fruisce un’esperienza pacificata, piacevole, frictionless; quanto piuttosto di metterne in discussione le certezze, portandolo a contatto con un universo di logiche e agentività altre rispetto a quelle che regolano lo sviluppo dell'umano, contestandone costantemente il primato e aprendo di continuo squarci verso un panorama dai contorni compiutamente postumani.

Aprire le scatole nere digitali, mettere in discussione i principi che regolano la progettazione degli spazi digitali in ci viviamo sempre più immersi e illuminare altre strade, altre possibilità per lo sviluppo delle nostre tecnologie. Sembrano essere questi gli scopi ultimi e finali di questo fenomeno dai contorni ancora vaghi e sfuggenti che chiamiamo letteratura elettronica e che assomiglia in modo incredibilmente preciso a quella forma di modernismo digitale di cui la nostra società avrebbe uno straordinario bisogno per provare a ripensare la tecnologie e i media al di fuori del dominio delle piattaforme.

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Questo articolo è parte della serie:  Recensioni
Italia - 2022
Pensiero
Flavio Pintarelli

collabora con diverse riviste e ha pubblicato saggi e raccolte di racconti. Si interessa di urbanistica, architettura, con una passione per gli archivi e i sistemi di classificazione.

Pubblicato:
25-03-2022
Ultima modifica:
28-03-2022
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