Puntare alla disgregazione del cosmo - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Il parco del mostri di Bomarzo
Il parco del mostri di Bomarzo | Copyright: Olivamarion / Flickr

Puntare alla disgregazione del cosmo

Intervista al Gruppo di Nun, autori di Demonologia rivoluzionaria, manifesto politico della «Italian Weird Theory».

Il parco del mostri di Bomarzo | Copyright: Olivamarion / Flickr
Intervista a Gruppo Di Nun
di Davide Tolfo
Gruppo Di Nun

è un collettivo che si propone di organizzare forme di "resistenza occulta". È autore dell'antologia dell'Italian Weird Theory Demonologia rivoluzionaria (Not, 2020).

Davide Tolfo

(1992) si interessa di filosofia e arte contemporanea. Scrive per The New Noise e ha pubblicato per Mimesis, NOT, il lavoro culturale, La Deleuziana e Philosophy Kitchen.

Recentemente la fondatrice dei Liturgy (band black metal statunitense, n.d.r.) Hunter-Hunt Hendrix ha pubblicato un video dall’emblematico titolo “Only an Opera can Explain the Origin of All Things”. Nel breve filmato Hendrix spiega che, a suo avviso, l’unico modo per affrontare le grandi questioni umane legate al senso dello stato presente del mondo e all’esistenza stessa di una grande entità chiamata mondo, è attraverso la congiunzione di musica, concetti filosofici e narrazioni mitologiche. Per quanto nel tempo le sue posizioni siano mutate, l’idea che stava alla base della produzione dei Liturgy era di dare vita a un progetto filosofico e artistico in grado di ripensare radicalmente il black metal.

Come spiega in Transcendental Black Metal, costruito come un vero e proprio manifesto per la nuova corrente musicale, «il problema del Transcendental Black Metal è solo la punta di un iceberg la cui base nasconde un nuovo rapporto tra arte, politica, etica e religione». Le riflessioni di Hendrix si inseriscono a pieno titolo in quella che è stata chiamata Black Metal Theory, un ibrido acefalo di cultural studies, filosofia e weird fiction che fa dell’immaginario black metal il suo oggetto di studio.

Alla domanda su cosa sia effettivamente la Black Metal Theory, il filosofo Nicola Masciandaro – autore di alcuni testi cardine in questo campo di studi – rispose che si trattava di una pratica contemplativa che si opponeva tanto alla visione accademica della musica, quanto alla sua riduzione consumistica. Se per quest’ultima la musica costituisce solamente una fonte di godimento, per la prima essa può essere solo analizzata, previa una totale depurazione di qualsiasi elemento che non rientri nel rigore scientifico richiesto. Inserito in questa cornice, l’intervento di Hendrix risulta più chiaro. Affrontare grandi questioni esistenziali e cosmologiche mediante un lavoro che tenga assieme musica, metodo filosofico e narrazioni mitologiche fornisce delle risposte che un approccio strettamente concettuale non riuscirebbe a garantire. In tale prospettiva, i rimandi musicali sono fondamentali per la loro capacità di creare un legame affettivo tra gli ascoltatori, rendendo più intensa l’esperienza condivisa. Similmente, il recupero, o l’invenzione, di allegorie mitologiche permette di smuovere l’aridità concettuale attraverso una maggiore misteriosità e poeticità del discorso.

Un esempio di narrazione fondata sul confronto e sull’impiego di questi tre differenti elementi può essere riscontrato nel testo Demonologia Rivoluzionaria, recentemente pubblicato da Nero nella collana NOT. Demonologia Rivoluzionaria si presenta come un’antologia di testi nei quali convivono registri linguistici differenti, accomunati dall’interesse per il lato weird della contemporaneità. Impiego volutamente il termine weird, consapevole del fatto che l’abuso di questo aggettivo ha reso il suo significato sempre più scivoloso, perché in questo caso è ciò che identifica non un particolare stile di scrittura, ma un comune sguardo che lega fra loro i diversi testi. Che si tratti, infatti, di confrontarsi con la natura quantistica della materia, con l’accelerazionismo incondizionato, con la Black metal Theory, gli ultimi video di Lil Peep o il Grande Raccordo Anulare, ciò che viene restituito alle lettrici e ai lettori è un portale attraverso il quale è possibile scorgere il lato più sinistro, assurdo e, talvolta, inquietante della realtà che ci circonda. Demonologia rivoluzionaria è l’orco del parco alchemico di Bomarzo, una fenditura minacciosa che ci attira al suo interno, pur consci di stare per entrare nella bocca del mostro.

Dei firmatari del testo, il Gruppo di Nun, tuttavia, si sa poco o niente: non si sa quando si sono formati, come operano e, soprattutto, non si hanno notizie su quanti siano e chi siano. La prima apparizione del gruppo è un misterioso manifesto uscito su NOT nel 2018, nel quale viene invocata la riattivazione di una lotta occulta contro l’autorità del Dogma della Mano Destra. La descrizione che accompagna l’articolo aggiunge qualche dettaglio in più sulla loro identità: «Il Gruppo di Nun è un collettivo di psicoattivisti volto ad organizzare forme di resistenza occulta al dogma eteropatriarcale, promuovendo una forma alternativa di magia cerimoniale basata sull’Amore non-duale per la disgregazione entropica del cosmo». Fatta eccezione per il saggio introduttivo al testo Anarcoccultismo: dissertazione sulle cospirazioni dei re e sulle cospirazioni dei popoli di Erica Lagalisse, pubblicato da D editore, Demonologia Rivoluzionaria costituisce la loro prima manifestazione essoterica in forma cartacea.

Fortunatamente sono riuscito a mettermi in contatto con alcuni membri, o presunti tali, per poter ottenere qualche informazione in più sul funzionamento dei loro rituali. Va tuttavia premesso che per il Gruppo di Nun vale quello che Francesco Maria Guaccio scrive nel Compendium maleficarum a proposito del patto tra mortali e demoni: «Il demonio può osservare o infrangere il patto, come provano la logica e l’esperienza. La prima insegna che il demonio non può essere costretto dall’uomo a mantenere le sue promesse; la seconda, che egli è quanto mai bugiardo e bramoso d’ingannare: poco propenso, quindi, a rispettare la parola data». Le lettrici e i lettori più accorte/i sapranno interpretare.

Senza titolo

Senza titolo | Mirko Covolo

Davide Tolfo - Per quanto sia insito nell’utilizzo stesso del testo di perdersi tra i diversi collegamenti sotterranei che si diramano attraverso i suoi tredici saggi, una chiave di lettura provvisoria, ma pur sempre utile, per muoversi al suo interno è chiedervi, innanzitutto, che cosa intendete per demonologia. Mi sembra che, in un certo senso, riprendiate quello che in Tra le ceneri di questo pianeta Eugene Thacker descrive come un approccio “meontologico”: un’interpretazione del demone per la quale quest’ultimo funziona metonimicamente come il rappresentante della totale indifferenza e gratuità del non-essere del mondo. Una modalità, in altre parole, per poter pensare l’inumano e l’estraneità del mondo nei nostri confronti. Altri demoni, tuttavia, mi sembrano infestare le pagine di Demonologia rivoluzionaria. Entità che si annidano nei propri vissuti personali e che si manifestano ogni volta che siamo costretti, fisicamente o mentalmente, a ritornare nei luoghi dove siamo cresciuti, ben descritti da Matteo Grilli nel suo Crocevia di punti morti.

Claudio Kulesko - Tradizionalmente, i demoni si possono palesare attraverso tre differenti modalità: la manifestazione, la forclusione (il famoso diavolo nel dettaglio), la possessione. In tutti e tre i casi, il tramite è un certo segno, che sembra sfuggire alla “quadra” del calcolo razionale. Analizziamo alcuni esempi. Nel primo caso, Foucault può esserci di aiuto. Prendiamo un dispositivo, una macchina ‒ che può essere locale, sociale (ossia translocale o interlocale), globale o cosmica: essa opererà esattamente come una fila alle poste o un nodo psicogeografico, oltrepassando le intenzioni dei soggetti o delle soggettività coinvolte al suo interno. Nessuno si sveglia al mattino pensando “oggi ho proprio voglia di farmi due ore di fila alla posta”. Semplicemente accade che i fenomeni di folla si attualizzino e basta, senza che vi siano particolari catene causali occultate tra le loro giunture.

La situazione si complica ulteriormente quando si esaminano fenomeni più complessi, come le regolarità naturali, i dispositivi di potere, i linguaggi e via dicendo. Ciascuna di queste micro-macchine e mega-macchine travalica i propri ingranaggi. Vi è una sottile affinità tra le gerarchie cosmiche di arconti presentate dalla gnosi, e l’idea strutturalista di un’enigmatica precedenza assoluta della struttura. Nel vodun, i loa rappresentano materialmente questi nodi tra reti ‒ dei quali anche la Actor Network Theory si è occupata, ma che forniscono anche un quadro intuitivo dell’informatica e dell’economia dei mercati.

La forclusione, da parte sua, è più vicina al concetto di “demone” presentato da Thacker. Essa si palesa ogni qualvolta la realtà sembra recedere ed allontanarsi verso una dimensione occulta. Perdo le chiavi di casa, che ero certo di aver poggiato sul tavolo della cucina. Le ritrovo in camera da letto, sul comodino. Al di là di ogni facile psicologismo, tale approccio ha diverse applicazioni. Esso può essere esteso alle “leggi” di natura: chi o cosa ha posto, del tutto arbitrariamente, gli assiomi fondativi dell’universo ‒ sono forse emersi dal Nulla? Forse! (O forse no). La forclusione materializza tutta una serie di fantasmi e attività spettrali ‒ e persino i fantasmi in senso letterale.

La possessione, infine, riguarda più strettamente ciò di cui tu parli, offrendosi ancora una volta all’analisi sotto tre forme: la manifestazione (come nel caso della coazione a ripetere e degli errori ereditari, di sangue); la forculsione (i cosiddetti “atti mancati”, un esempio di spettralità pura del soggetto); il metamorfismo, che comprende i vari divenire-animale del licantropo, i divenire-bestiale dei massacratori e dei berserker, i divenire-non-morto dei vampiri, degli zombie e degli ospiti-veicolo dei virus e così via. La Terra, per quanto sia un puntino nell’oceano, è una grande macchina demonologica, infestata in lungo e in largo. Gaia stessa è una dea, una macchina o un terrificante demone assiro-babilonese (si pensi all’opposta e speculare ipotesi di Medea o, ancora, alla figura di Tiamath).

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Senza titolo | Mirko Covolo


Laura
Tripaldi - Personalmente ho sempre nutrito una certa antipatia nei confronti della psicologizzazione del concetto di demone. Ho sempre preferito pensare alle architetture magiche come potenti operatori di trasformazione del linguaggio. Ho l’impressione che la tradizione magica abbia sempre cercato di trovare una strada per ricostruire una lingua primitiva, la parola originaria della creazione, ma che in questo processo di ricostruzione qualcosa sia andato catastroficamente storto. Nella demonologia il linguaggio umano si deforma e assume una forma sempre più mostruosa e distorta, una specie di codice a entropia crescente che consuma informazione anziché crearla: penso alle invocazioni della Goetia e i nomi barbari che le accompagnano. Forse i demoni sono questi codici impazziti, parassiti del linguaggio simbolico capaci di infestare anche la nostra mente. Tutte le esperienze estatiche hanno a che fare con questa trasformazione metalinguistica, in un modo o nell’altro.

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Senza titolo | Mirko Covolo


Enrico Monacelli -
Mi trovo chiaramente d’accordo con Laura e Claudio, credo che entrambe le proposte siano un’ottima definizione di “demonologia”, questo termine inquietante e polisemico. Spingerei, però, ancora più in là la critica allo psicologismo e la trasformerei in una critica, maniacale e filosoficamente inaccettabile, della cognizione umana tutta. In un certo senso, mi piacerebbe descrivere la demonologia come una sorta di filosofia trascendentale negativa, in cui il pensatore non ha il compito di definire e rispettare i limiti della ragione umana, ma di deriderli e di avventurarsi nelle più insopportabili forme di non-conoscenza e esteriorità.

Penso che la possibilità di una qualsiasi demonologia sia sempre in qualche modo nociva per le nostre possibilità cognitive, un’apertura troppo ampia per le affordances della nostra specie, non in quanto cerca di ricostruire un Tutto, più o meno linguistico, più pieno, ma perché mette in atto una voracità concettuale tremenda e perfettamente ingiustificabile che ha come unica conclusione possibile il burn-out, la possessione o la morte. La demonologia è necessariamente il gemello nero della nostra capacità di ordinare il mondo; è il regno dell’inganno, dell’errore e del delirio.

Quando parliamo di demoni, per quanto mi riguarda, stiamo sempre facendo riferimento a un rapporto di predazione, in cui noi siamo la preda di quel Qualcosa che sta là fuori - oltre le nostre possibilità di concettualizzazione, ma tragicamente interno, in qualche modo e in tutta la sua terribile esteriorità, alla lingua che parliamo e alle mappe che costruiamo per navigare lo spazio che ci circonda.  Parlare di demoni significa sempre limitarsi a balbettare, ammettere di essere parte di un gioco in cui “noi” siamo destinati a perdere e in cui buona parte delle regole e della trama sono fuori dalla nostra portata. Avventurarsi in questo tipo di esercizio teorico è un rischio serio e reale - questa pratica del pensiero dovrebbe essere percepita come un assalto ai nostri confini cognitivi, come un tuffo oltre i limiti estremi della Ragione.

C’è una bellissima definizione, fredda e minimale, della lingua poetica e del suo rapporto con la Ragione in Cyclonopedia di Reza Negarestani: «Campi di xenopoetica crescono sporadicamente (finché non prendono completamente il controllo del lavoro)». Ecco, per me, la demonologia è questo momento di sabotaggio completo, in cui il linguaggio umano si rovescia in un ventriloquismo involontario e folle.

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Senza titolo | Mirko Covolo

DT - Per entrare nello specifico dei temi trattati in Demonologia rivoluzionaria vorrei concentrarmi sul vostro rapporto con l’accelerazionismo. Dai testi di Claudio Kulesko ed Enrico Monacelli che compongono la parte centrale del libro, Appunti sull’insurrezione gotica, è possibile ricavare due differenti posizioni: l’insurrezionismo gotico e l’estinzionismo attivo. Il legame con l’accelerazionismo non riguarda solo il contenuto dei saggi, ma è anche, in un certo senso, formale. Alcuni di questi testi, infatti, sono stati condivisi da Edmund Berger nel suo blog DI Research. Autore di Uncertain Futures e Accelerazionismo grunge, Berger è considerato un esponente di quello che viene indicato come accelerazionismo incondizionato (unconditional accelerationism - U/ACC).

Nel raccogliere i vostri saggi, sotto il titolo generico di Gothic Insurrection, Berger li presenta come «un interessante dialogo che si sta muovendo all’interno del contesto dell’Italian weird theory e che ha come sue tematiche principali temi esoterici come le nuove temporalità medioevali, l’escatologia rivoluzionaria e l’insurrezione gotica». Trovo, tuttavia, che vi siano delle differenze non riducibili tra le posizioni presentate. Entrambe si incontrano nel fare fronte comune contro l’emergere di nuovi e vecchi paradigmi reazionari. Eppure, in questa contrapposizione, l’estinzionismo attivo e l’insurrezionismo gotico sembrano muoversi all’interno di concezioni temporali divergenti.


CK -
L’Insurrezione Gotica è un campo di battaglia, come è giusto che sia ‒ e come ogni cosa al mondo.  Apprezzo il fatto che tale lacerazione sia stata presentata all’interno del libro. Di recente, su Twitter, qualcuno l’ha definita una fusione tra fascismo e deleuzismo ‒ come era già accaduto per l’NRx di Land. Di fatto, il fascismo non è l’orizzonte operativo dell’Insurrezione Gotica, ma la sua cornice. Il punto di partenza è la piena manifestazione del fascismo molecolare (ossia pervasivo, non meramente araldico e statalista) al di là delle risacche del ‘900. Il tecno-fascismo, esattamente come il suo bislacco antenato, è il principale alleato del tecno-commercialismo mercantilista. Lo vediamo all’opera mentre sostiene il capitalismo fossile, attraverso le figure chiave di Trump e Bolsonaro. Lo vediamo in Europa, mentre smantella l’apparato spettacolista dei diritti umani. Lo vediamo in Asia, nel matrimonio tra capitalismo con caratteristiche cinesi, tradizione ed etica della sopravvivenza minima.

L’Insurrezione Gotica, nella mia versione (e per certi versi in quella di Enrico), sposa il passato perché il futuro è ottenebrato, incatenato e catastrofico. Si tratta di un clone dell’NRx, di un’iniezione endovena di un Hobbes negativo e cospirativo, che ha rigettato, tuttavia, ogni componente “managerialista” e futurista. Se può esser detta “anti-civ” è solo perché la civiltà sta morendo, e se ne vuole accelerare al più presto la dipartita. L’accelerazionismo incondizionato è ancora troppo positivo, ancora troppo ancorato all’idea di un collasso spontaneo e proliferativo. Esso vede ancora la civiltà umana e capitalista come un possibile compost per la coltivazione del futuro.

Eppure, il sinofuturimo e le ideologie della Silicon Valley ci stanno mostrando un futuro in cui si può testardamente correre in avanti, verso il futuro ‒  alla soglia del collasso ecologico, sociale ed economico ‒ senza che tale corsa possa dirsi in alcun modo diversa dalla mera sopravvivenza. Il passato che l’Insurrezione Gotica incarna è quello dei tenebrosi spiriti animali, vegetali, microrganismici, bestiali e divini che gridano vendetta ‒ e che si abbattono su di noi, trascinandoci nella Nuova Epoca Oscura, in questo preciso istante, non in un remoto futuro. Senza dubbio, l'Insurrezione Gotica è d’accordo con U/Acc sul fatto che l’accelerazionismo di sinistra, con il suo statalismo impenitente e le sue varie caratteristiche da culto del cargo, non è che l’ennesimo alleato del tecno-fascismo molecolare. Stato, fascismo e gran capitale sono parte di un'unica macchina di accumulazione primitiva, che muta, passa di fase in fase, divenendo sempre più titanica.

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Senza titolo | Mirko Covolo


EM -
In questo caso sarò molto rapido: credo che, mentre l’Insurrezione Gotica dia un peso specifico molto grande al potere del passato, il mio estinzionismo attivo (figlio che ho rinnegato ormai, ma nei cui confronti provo ancora un certo affetto e a cui auguro di sfuggirmi totalmente di mano) è un tentativo di sopportare un futurismo assoluto. È tutto rivolto, tragicamente e completamente, verso la novità radicale che ci si para dinnanzi, anche quando questo implica la nostra estinzione. Esercizio forse destinato a essere fallimentare già-da-sempre, ma così sia...


DT -
Nei testi di Laura Tripaldi le leggi della termodinamica, l’indeterminismo della chimica e l’incontro con la materia quantistica fanno della pratica scientifica un terreno dal quale emerge un mondo radicalmente insondabile. In un’intervista uscita per Diffractions Collective l’esperienza del laboratorio chimico come «nuova forma di alchimia anti-umana» viene collegata ai vostri propositi di abbandonare gli insegnamenti magici del XIX secolo in direzione di un sapere che vada oltre la centralità del pensiero umano. A mio avviso questa scelta mostra, almeno in parte, il lato rivoluzionario della vostra demonologia. Fare a pezzi l’ideale di un mondo razionale e misurato non corrisponde, infatti, allo smantellamento di una certa immagine dell’uomo (il maschile singolare qui non è casuale) e di alcune pratiche politiche ed ecologiche ad essa collegate?

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Senza titolo | Mirko Covolo

LT - Sì, la mia formazione scientifica ha avuto un’influenza enorme nel modo in cui ho approcciato fin dall’inizio il lavoro demonologico del Gruppo di Nun. Dal mio punto di vista c’è una strana intersezione (entanglement?) tra l’esperienza del laboratorio chimico e quella del cerchio magico. Si tratta in entrambi i casi di spazi liminali in cui l’essere umano cerca di costruire un rapporto con qualcosa di radicalmente altro. Del resto la tradizione magica a partire dai tempi più antichi è sempre stata intrecciata con una visione della realtà anche scientifica, una congiunzione che spesso si è realizzata attraverso l’astronomia e l’astrologia. Il cosmo degli antichi è una strana macchina formata da componenti umane e non-umane continuamente in relazione. La visione aristotelico-tolemaica del cosmo, poi rivoluzionata eppure in qualche modo sempre tutelata dalla scienza newtoniana, si porta dietro una certa idea della corrispondenza tra l’uomo e l’universo, una sorta di armonia cosmica che coinvolge tutta la natura collocando l’uomo sempre al centro.

Queste prospettive cosmologiche sono state anche sempre accompagnate da una certa visione del tempo: l’universo è come un grande orologio in cui gli astri procedono regolarmente in una rassicurante ciclicità. Però l’inquietudine che questa ciclicità fosse improvvisamente turbata da qualche forza aliena, una catastrofe capace di spezzarne l’armonia perfetta, e allo stesso tempo scalzare la posizione dell’uomo nell’universo, ha sempre accompagnato le mitologie di tutto il mondo fin dall’alba dei tempi. Questo ruolo profetico è in parte stato riassorbito dalla scienza, che gradualmente a partire dall’inizio della modernità si è fatta carico del disvelamento graduale di molte catastrofi, dalle estinzioni di massa alla morte termica del cosmo. In questo contesto la chimica ricopre una posizione strana, perché l’alchimia ha da sempre rappresentato uno strumento per costruire un legame tra la materia inorganica, il caos primigenio da cui siamo emersi, e l’ordine luminoso della vita, ma nel costruire questo ponte la materia chimica non è un semplice strumento passivo. L’alchimista esce a sua volta trasformato dal processo alchemico, e se trova una corrispondenza con la materia è quella spaventosa della nigredo: osservando la putrefazione della materia morta, riscopre la morte al cuore della vita stessa.

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Senza titolo | Mirko Covolo

DT - In alcuni saggi il lato sinistro e misterioso della quotidianità emerge a partire da un confronto con la specificità del territorio italiano, del suo folclore e dei suoi demoni mai redenti. Mi riferisco, in primo luogo, all’Italian Southern Gothic descritta da Valerio Mattioli in Solarizzazione. Qui l’Italia viene presentata come un territorio dove tradizioni occulte ed esoteriche in grado di risvegliare demoni meridiani sopravvivono alla modernità industriale. Un’Italia ben documentata dagli studi antropologici di De Martino, da registi come Luigi Di Gianni e Pasolini, ma anche da artisti-sciamani come Mai Mai Mai e Roberto Cuoghi. Una prospettiva simile viene presentata, in secondo luogo, nel testo di Monacelli La più alta forma di gnosi: «L’Italia è uno dei luoghi più infestati del pianeta. Le sue lande sono inzuppate nella bile più nera che la Terra abbia mai prodotto, le sue case e i suoi monumenti traboccano una mineralità inorganica capace di trasmettere ovunque una paralisi sifilitica. È il luogo di una possessione spirituale su scala nazionale, che può assumere le più diverse forme: tanto nel regno-ombra della provincia, quanto nell’urbanistica schizoide e caotica delle sue grandi, ferali città».

Sia Solarizzazione che La più alta forma di gnosi sono inseriti nella terza e ultima parte di Demonologia Rivoluzionaria intitolata Nigredo. Nei processi alchemici la nigredo rappresenta la fase iniziale di decomposizione della materia, passaggio fondamentale all’interno del processo di realizzazione della pietra filosofale. Nel vostro lavoro, al contrario, la nigredo segna la conclusione del testo. Che funzione ha questo rovesciamento? È un caso che proprio in questa specifica parte si trovino i testi che, più di tutti, utilizzano l’Italia e il proprio vissuto personale come espediente narrativo per confrontarsi con l’occulto?

EM - No, non credo che sia un caso e la scelta è stata, per quanto ci riguarda, volontaria (nei limiti in cui questo libro possa essere descritto come un parto volontario…). Penso che ci sia un punto teorico molto forte in questa scelta, in questa volontà di rovesciare il processo alchemico, di farlo terminare nel momento della nigredo e di praticare, in queste pagine finali, una fedeltà radicale nei confronti della Terra che ci ha generato. I testi che concludono questo libro sono infestati dall’idea che quest’opera sia il punto finale, la più alta forma di sviluppo di un destino, e che questa realizzazione implichi una sorta di insostenibile fede apofatica, che può essere espressa solo nel registro poetico o confessionale.

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Senza titolo | Mirko Covolo


Questo libro non è un oggetto chiuso in se stesso, un pezzo di letteratura pacifica e pacificata: è la manifestazione virulenta di quel processo di predazione fatale di cui parlavo prima e ha l’ambizione di gettare il lettore nelle fauci del Nemico. È il momento cronologicamente a noi più prossimo di un orrore che ha radici profonde, una figura temporalmente incerta, né ancestrale né futuribile, e che ha marchiato la vita di molte e molti. In questo senso, le parole che chiudono Demonologia Rivoluzionaria sono un'accettazione del fato che ci è capitato in grembo, un'abdicazione alla nostra capacità di fermare o comprendere la maledizione, dimostrando con la nostra vita l’invincibilità di questa nigredo. In questo senso, l’Italia e il racconto delle nostre vite hanno la funzione di ancorare questa intuizione, dargli un palcoscenico. Raccontare la mia e la nostra vita è un modo per mostrare le stigmate e chiedere al lettore di credere.

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Globale - 2020
Pensiero
Gruppo Di Nun

è un collettivo che si propone di organizzare forme di "resistenza occulta". È autore dell'antologia dell'Italian Weird Theory Demonologia rivoluzionaria (Not, 2020).

Davide Tolfo

(1992) si interessa di filosofia e arte contemporanea. Scrive per The New Noise e ha pubblicato per Mimesis, NOT, il lavoro culturale, La Deleuziana e Philosophy Kitchen.

Pubblicato:
18-01-2021
Ultima modifica:
19-01-2021
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