Il collasso cognitivo di manifesta in molti modi. Le cose a cui abbiamo assistito negli USA negli ultimi giorni, tra neo-barbari e minacce di guerra civile, sono precisamente i suoi sintomi.
Più o meno tutti conoscono il celebre film Risvegli (Awakenings, 1990), tratto dall’omonima opera di Oliver Sacks, diretto da Penny Marshall e vorticante attorno alle carismatiche figure di Robin Williams e Robert De Niro. Si tratta di un lavoro magistrale ed estremamente toccante. Nel 1969, in un ospedale del Bronx, il dottor Malcom Sayer (Oliver Sacks, interpretato da Williams), sperimenta l’applicazione di un farmaco, salito alla ribalta per i suoi straordinari successi nel trattamento del morbo di Parkinson, su alcuni pazienti catatonici ‒ rimasti vittima, tra il 1917 e il 1924, di una pandemia di encefalite letargica.
Il farmaco è l’L-DOPA (o levo-dopa), un amminoacido che fa da intermediario nella biosintesi della dopamina, un neurotrasmettitore endogeno in grado di accelerare il battito cardiaco, innalzare la pressione sanguigna e, in breve, “stimolare” l’organismo. In particolare l’L-DOPA è in grado di modulare l’attività inibitoria dei neuroni GABAergici (presenti, ad esempio, nelle benzodiazepine e nei sedativi). Il primo paziente sul quale Sayer testa il farmaco è Leonard Lowe, un uomo colpito dall’encefalite nel corso dell’infanzia, ma parzialmente capace di comunicare con il “mondo esterno” per mezzo di una tavola Ouija. Dopo un primo insuccesso, Sayer si risolve a incrementare la dose di L-DOPA, ritrovandosi, al culmine della sorpresa, dinanzi a un Leonard pienamente vigile e cosciente.
Uno dopo l’altro, i pazienti si risvegliano, come liberati dalle trame di un incantesimo. I loro spiriti rivivono; la gioia e l’entusiasmo di Sayer sono incontenibili. Leonard in particolare, fa mostra di un'eccellente capacità di recupero, affrontando in modo brillante e coraggioso le lunghe ed estenuanti sessioni di riabilitazione. Prima di finire per scontrarsi con la direzione dell’ospedale, Sayer riesce addirittura a organizzare una gita all’esterno dell’ospedale per tutti i pazienti.
In questa prima fase, tuttavia, accade qualcosa di inquietante. Alla domanda «Che anno è?», una delle pazienti, Lucy, risponde «È ancora il ‘26, sciocchino». L’evento fa da vero e proprio spartiacque — la sua importanza non sarà mai evidenziata a sufficienza, giacché, da questo momento in poi, tutto andrà per il peggio. Fino alla fine, Lucy resterà imprigionata nel suo personale 1926, per poi rivelare a Sayer, nei suoi ultimi istanti di lucidità, la raggelante verità: non ha mai davvero creduto di trovarsi nel ‘26, né di avere ancora ventidue anni. Le sue risposte facevano parte di una messa in scena, finalizzata a proteggere la sua mente cosciente dai danni che la verità le avrebbe potuto causare. Lucy nega e rifiuta, opponendo resistenza alla realtà. Una strategia adattiva fondamentalmente tragica — laddove la tragedia è connotata da eventi avversi provenienti da una sfera superiore o destinali, da un tentativo di resistenza e, infine, da un fallimento costitutivo.
Si può assistere a qualcosa di molto simile anche in Kidding (2018-2020, cancellata), serie scritta da Dave Holstein, diretta da Michel Gondry e interpretata da un Jim Carrey mai così maturo e intenso. Nel settimo episodio della seconda stagione, il protagonista, Jeff “Pickles” Piccirillo (Carrey) — il conduttore ben oltre l’orlo di una crisi di nervi di uno show per bambini — fa volontariato servendo da bere a degli anziani in un ospizio decisamente fuori dal comune. La scena è fulminante. Nel bel mezzo dell’episodio, lo spettatore subisce un brusco sfasamento cronotopico: cut, Jeff è il barista di un vecchio pub, siamo a cavallo tra gli anni 50’ e i ‘60, alcuni anziani avventori discutono tra loro, tirando in ballo Jeff al fine di dirimere la loro amichevole controversia. In una delle scene successive viene rivelato che Jeff si trova all’interno di una clinica privata per anziani affetti dal morbo di Alzheimer.
Cornell (Tyler the Creator), il direttore della clinica, spiega a un titubante Jeff lo scopo della messa in scena. Se per quest’ultimo gli anziani sono stati resi prigionieri di un’illusione, per Cornell si tratta esattamente dell’opposto: per degli individui che hanno perso la realtà, rimanendo prigionieri del passato, quel luogo è tutt’altro che illusorio; si tratta, di fatto, dell’unica realtà che essi possiedono. Per sintetizzare gli scopi del progetto, Cornell impiega l’espressione “illusione compassionevole”, aggiungendo che se “la realtà è la malattia”, allora “la fantasia è la pillola”, ossia il farmaco. Questo tipo di terapia, conosciuta con il nome di “terapia della nostalgia”, è realmente in uso, sebbene su scala notevolmente minore.
Cornell viene apparentemente presentato come una sorta di benevolo Demiurgo (“The Creator”?), laddove l’intera serie ruota attorno al disperato tentativo di Jeff Pickles di rientrare in contatto con una realtà colma di dolore e risentimento, che non fa altro che respingerlo verso l’alienazione e la follia. Nel finale della seconda stagione, sarà proprio il padre di Jeff, Sebastian (Frank Langella), un abile uomo d’affari privo di scrupoli, a cadere sotto i colpi di una realtà ormai totalmente fuori dal suo controllo. Sebastian Piccirillo viene visto per l’ultima volta dallo spettatore mentre siede con aria assente su una delle panchine dell’ospizio temporale.
In seguito alle elezioni che, durante lo scorso inverno, hanno decretato Joe Biden nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha goffamente tentato in tutti i modi di contrastare e ribaltare il risultato, arrivando persino a minacciare di “occupare” la Casa Bianca. Il 6 gennaio 2021 un folto gruppo di attivisti pro-Trump ha fatto irruzione nel Campidoglio. Il bilancio, attualmente, ammonta a quattro morti e più di trenta feriti. Davvero non scherzavo quando, in un’intervista per la rivista online Not, affermavo che “Donald Trump che occupa la Casa Bianca” rappresenta non tanto un sintomo, quanto il tessuto in divenire della Nuova Epoca Oscura. Assieme ai violenti scontri tenutisi nel corso delle manifestazioni del movimento BLM, alla crisi sanitaria ed economica generata dalla pandemia, alla recente esplosione di un camper avvenuta a Nashville — e ai numerosi attacchi terroristici da parte di militanti di estrema destra avvenuti negli ultimi anni — questo evento inaugura quella che si presenta a tutti gli effetti come una nuova Guerra Civile Americana.
Le immagini del “Q Shaman”, il neo-barbaro avvolto da una pelliccia e sormontato da un elmo cornuto, che tanto hanno suscitato l’ilarità del web, presentano tutte le caratteristiche di quello che il filosofo francese Roland Barthes avrebbe definito “punctum”: l’effetto di una fotografia che penetra l’occhio, impressionando e, in un certo senso, “incidendo” la retina — per l’appunto come un punteruolo. L’occhio era ben aperto, osservava attentamente ogni dettaglio, era morbosamente attratto da ciò che vedeva. La penetrazione è stata, tutto sommato, inevitabile. Non si tratta, tuttavia, di una mera fatalità. Nonostante il suo potenziale distruttivo, il punctum — come lo shock estetico o il sentimento del sublime — è pur sempre il segno che “qualcuno è in casa”, ossia la prova che non ci troviamo dinanzi a un guscio vuoto.
Il collasso cognitivo — tipico delle malattie neurodegenerative, quali l’Alzheimer — procede da un crollo cognitivo, non tanto per via causale, quanto in qualità di attualizzazione di una virtualità già contenuta tra le pieghe più sepolte del crollo. Lo shock, l’evento traumatico, può senz’altro fungere da catalizzatore della degenerazione; il più delle volte, tuttavia, tale evento è esso stesso reso possibile da una fragilità costitutiva, da una radicale “permeabilità” allo shock (il cui opposto è definibile, per dirla con Taleb, “antifragilità”). In tal senso, non bisogna mai dimenticare come, all’interno della cornice freudiana, l’ironia si presenti in particolar modo come una strategia, elaborata da un super-Io ipertrofico al solo scopo di soffocare la realtà, ribadendo la propria superiorità nei confronti di ogni “reality check”. D'altronde, è più economico credere che il mondo sia temporaneamente sprofondato nel ridicolo — che un uomo seminudo abbia fatto il proprio ingresso, alla testa di un’orda di pagliacci, solo per suscitare qualche risatina — piuttosto che meditare su come il “ridicolo” non sia null’altro che la carne stessa del mondo, il “precursore oscuro” della moderna compostezza borghese. Napoleone che avanza su Jena in groppa a un cavallo bianco (un’immagine evocata in rete da alcuni spiriti sottili): un ometto issato al di sopra di un grosso stallone da guerra. Di che colore era, mi domando, il cavallo bianco di Napoleone? E perché proprio marrone?
Motherboard, l’appendice tech di VICE, non si è lasciata sfuggire l’occasione, confermando per l’ennesima volta nei fatti (e non solo nelle chiacchiere) il proprio livello qualitativo. All’indomani dell’assalto al Campidoglio gli “accelerazionisti neo-nazisti festeggiano” — su Twitter, ovviamente. Un’affermazione che trova conferma in ben quattro account, ciascuno dei quali viene puntigliosamente citato all’interno dell’articolo. E come dimenticare l’ormai storico articolo uscito lo scorso anno sulla versione digitale de L’Espresso? L’“accelerazionismo, il movimento che unisce estrema destra ed estrema sinistra”. Non che l’accelerazionismo di destra non sia una realtà. Ben più difficile è comprendere in che modo esso “unisca destra e sinistra” (si potrebbe ben dire “hegelismo, il movimento che unisce destra e sinistra”, o “Nietzsche, il filosofo che ha ispirato destra e sinistra”). In particolare, mi sfugge quanto coraggio serva per alludere al fatto che, dietro agli eventi del 6/01/21, vi sia una cospirazione accelerazionista. Trump era lì, da giorni, a istigare i suoi con veemenza, tweet dopo tweet, a farsi in quattro per inviare messaggi ambigui (ma non troppo), così da farsi capire (ma non troppo) dai suoi supporter. Ma la colpa, l’idea originale, era fin dall’inizio degli accelerazionisti, questi oscuri schemer, queste machiavelliche eminenze grigie della politica.
Il punto, ovviamente, non sono (unicamente) “gli accelerazionisti” — ormai divenuti una forza culturale ben distinta e ben riconoscibile, a discapito delle mancanze e delle fallacie attribuite al movimento da certi piccoli leader politici e capi tribù. Il punto è il logoramento cognitivo, il vicolo cieco fatto di rifiuto e incomprensione che abitiamo, nonché l’“illusione compassionevole” nella quale viviamo e che denominiamo “società”. Catastrofe climatica e negazionismo; pandemia globale e negazionismo; olocausto e negazionismo. La fantasia è la pillola, la pillola per eccellenza, la pillola archetipale. Per quanto tempo ancora dovremo fare i conti con questa allegoria — pillole rosse, pillole nere, pillole rosa, verdi e blu? Come se fosse sufficiente scrollare le spalle e agitare una mano per far scomparire questi solidi, materialissimi prodotti dello spirito. “Basta pillole, vogliamo qualcosa di nuovo, dobbiamo cambiare immaginario”. E invece no, ancora pillole, ancora e ancora, finché non vi usciranno dalle orecchie.
Ho preso la pillola chiara — tutti i tipi più cool la stanno prendendo e no, non vi rivelerò il nome del mio fornitore di fiducia [;)]. La pillola chiara può essere buttata giù subito dopo un ciclo di assunzione di pillola nera, accompagnandola a un bel bicchiere d’acqua e zucchero. Si tratta di un farmaco prettamente insapore, incolore, inodore, omeopatico — si, insomma, un placebo. L’aspetto più interessante della faccenda è che la pillola chiara è una meta-pillola, non ti chiede di credere assolutamente a nulla, né pretende che tu faccia alcunché. (Fidati, sta scritto sulla confezione). La pillola chiara è stata studiata da alcuni dei più brillanti scienziati del globo al solo scopo di farti avvedere del gesto stesso di assumere una pillola. Mind blowing! Ogni volta che assumi una pillola, a ben vedere, non stai facendo altro che assumere una posizione. La posizione della clear pill, tuttavia, è una e una soltanto: quella della neutralità analitica. Assumere la pillola chiara comporta unicamente un atto di osservazione attentiva: la cosiddetta chiaroveggenza — linee e traiettorie che si dipanano nello spazio e nel tempo, pillole che condizionano e producono le tendenzialità e gli andamenti storici, politici e sociali.
La pillola accelerazionista, da parte sua, presenta numerosi tratti in comune con la L-DOPA: un’iniezione di adrenalina, che fa spazio a una calda sensazione di potenza, vigilanza e lucidità. Il vero problema, tuttavia, sono le ricadute — gli sgradevoli tic, la perdita di controllo motorio — nonché la sgradevole consapevolezza di essere tutti quanti Lucy. Che anno è? Il 1980? il 1990? La spettrologia è un campo di grande interesse, ma assolutamente sconsigliato a chi già vive tra gli spettri. Come già più volte affermato da Nick Land (in particolar modo nella sua breve introduzione all’accelerazionismo), l’accelerazione non riguarda l’essere umano in sé e per sé, ma gli apparati, i dispositivi, gli organismi collettivi, le tendenzialità cosmiche e planetarie — in breve, tutta una serie di fenomeni posti al di là del controllo umano. Se, pertanto, vi hanno propinato la pillola accelerazionista, beh, siete stati truffati o imbeccati da un benevolo dottor Sayer.
Posti dinanzi al fenomeno dell’accelerazione tecnoscientifica catalizzata dal circuito denaro-merce-denaro, siamo tutti come Lucy. Se cent’anni sono trascorsi in pochi mesi, allora in mezzo secolo ne devono esser passati almeno qualche migliaio. Quando siamo nati ci siamo risvegliati in un futuro remoto, così remoto da essere già, per certi versi, post-apocalittico e post-umano, totalmente alieno a Homo Sapiens. Gli spazi che viviamo, le città, i paesi, i centri commerciali, gli uffici e le fabbriche, la rappresentanza, i partiti e i partitelli invisibili, la rassicurante cornice socialdemocratica, la decrescita e l’accelerazionismo: fa tutto parte di un enorme esperimento di “terapia della nostalgia”.
Proviamo a ripetere quanto detto poco fa da una prospettiva differente. Un folto gruppo di uomini e di donne, senza alcuno sforzo, hanno fatto irruzione in uno dei principali siti dell'establishment americano. Come ha notato un certo utente Twitter, anziché fare qualcosa, il governo se l’è letteralmente data a gambe. Parafrasando un conoscente, oserei affermare che — a discapito dell’evidente portata storica e delle future conseguenze politiche — lo scontro di ieri non sia stato altro che un “sogno lanciato contro un altro sogno” a tutta velocità. Null’altro che una farsa e una tragedia, o la farsa che replica una tragedia originaria (la Guerra Civile). Abbiamo inoltre potuto ammirare un uomo seminudo presiedere al principale scranno del Campidoglio, convinto in tutta sincerità di star partecipando alla “presa del potere”. Per citare ancora una volta quel mio conoscente, è stato come se qualcuno avesse fatto irruzione in Vaticano, correndo in fretta e furia verso lo scranno papale, al solo scopo di occuparlo per primo e divenire, in tutta ufficialità, il nuovo Papa. Entrambi gli scenari, quello della Seconda Guerra Civile Americana e quello del “sogno contro un altro sogno”, sono non solo ugualmente validi ma anche perfettamente compossibili. Se qualcuno, nelle prossime ore, tenterà o avrà già tentato di far collassare ogni interpretazione verso una certa direzione (per quanto differente da quelle da me proposte), non l’avrà fatto che per un suo interesse particolare.
Il collasso cognitivo si manifesta in molti modi, tra loro molto diversi. Si va dalle teorie della cospirazione alle bolle dei social; dall’incomprensione all’incomprensibilità; dal totale fraintendimento alla negazione bella e buona; dagli interessi privati, tanto politici quanto sociali, fino alla più assoluta e cristallina follia. Io stesso, per tutto il tempo, non ho fatto altro che alludere a qualcosa.
Non posso, pertanto, che concludere con un’ennesima allusione. Se, da un lato, il punctum, l’intuizione, l’“istinto” (come preferite chiamarlo) ci suggerisce che qualcosa deve necessariamente condurre al di là di se stessa, in direzione di un più vasto bacino di senso, dall’altro, la pillola chiara ci consente di non cadere preda di conclusioni affrettate o, meglio ancora, di non sprofondare — assieme agli eventi ai quali stiamo assistendo — all’interno di un tritacarne storico senza precedenti. Ma tutto ciò può anche essere rimandato a un’altra occasione, se mai ve ne sarà una.