La pandemia è un maestro severo che insegna con un metodo che non lascia spazio a fraintendimenti. Cosa preservare e dimenticare al termine di tutta questa storia.
La pandemia da Covid-19 ha stravolto – a livello globale- l’esistenza di ognuno di noi. Dall’oggi al domani, la popolazione mondiale si è ritrovata ad affrontare una situazione inedita, in cui la relazione tra spazio e tempo è stata del tutto alterata, modificata.
In ogni ambito: sociale, lavorativo, libertà personale, politico, stampa e comunicazione, istruzione e sanitario c’è stato infatti un cambiamento e una presa di coscienza diversa.
Abbiamo voluto approfondire tutto questo con Domenico De Masi, docente dell’Università la Sapienza di Roma, scrittore, sociologo ed esperto del mondo del lavoro. Per ogni ambito De Masi ci ha fornito una visione più ampia su l’evoluzione dell’individuo, in questo particolare periodo storico che stiamo vivendo. E, come lui stesso ha affermato nel corso di questo approfondimento, possiamo dire che: “Questa pandemia è un immenso seminario in cui ‘imparare la lezione’ dipende solo da noi. Il Covid-19 è un ‘maestro’ severo che insegna con un metodo che non lascia spazio a fraintendimenti: la morte.”
“Il primo insegnamento che ci arriva da questa pandemia è che la società – a livello mondiale- si è globalizzata. Per dirla in maniera semplice è un unico villaggio’. Basti pensare a come si è evoluto e propagato alla stessa maniera il virus. L’abbiamo visto apparire e diffondersi prima in Cina, poi subito dopo in Italia, passando poi per gli Stati Uniti, il Brasile e così via. Ogni volta nella stessa, identica maniera.
Questo ci porta ad apprendere un altro insegnamento: i sovranismi non hanno più alcun senso. Il virus in atto che non bada certo ai confini, sottolinea come lo Stato sia necessario e di come non si possa fare a meno di esso per arginare le disuguaglianze all’interno della società. Di fatto i comuni hanno bisogno delle regioni e le regioni di essere guidate dallo Stato. È una ‘staffetta’ imprescindibile. Lo Stato infatti ha il dovere di ‘manifestarsi’ attraverso il Welfare con un aiuto concreto che includa gli ultimi. E in questa pandemia da Covid-19 chi sono risultati gli ultimi? Gli anziani, i poveri ma anche le persone single che, rispetto a chi vive in famiglia, hanno avuto più difficoltà a fronteggiare la pandemia. Per questo mai come ora il ruolo della famiglia è stato ampiamente rivalutato dalla società. Il Welfare va di pari passo con la social-democrazia che di fatto è meglio del neo-liberismo. Un esempio lo vediamo in America. Lì chi ha i soldi e si ammala si riesce a curare, al contrario chi non li ha si trova indigente anche sulla salute. La visione social-democratica che è stata attuata in Italia, Svezia, Germania e in tutta l’Europa, è l’esempio lampante di come la social-democrazia funzioni a tutela degli individui più fragili della società."
“All'inizio del 2020, il numero degli italiani che lavoravano in smart working si attestava su un numero pari a 600,000. Il dieci di marzo, con l'isolamento imposto dal Covid-19, i numeri sono improvvisamente schizzati ad 8 milioni.
Anche qui abbiamo assistito ad un'altra evoluzione, questa volta in ambito lavorativo. La pandemia ci ha insegnato che era necessario modernizzare l’organizzazione del lavoro. Prima di questo momento l’unico fattibile sembrava quello di recarsi in ufficio. Ma era assurdo come pensiero. Per costrizione della pandemia abbiamo accelerato il modus operandi nello smart working e ci siamo resi finalmente conto dell’importanza di avere una rete internet e un pc per rimanere ‘connessi’ alle nostre attività lavorative.
Di fatto lo smart working ha salvato in primis l’economia. Ben 8 milioni di persone grazie a questo hanno potuto preservare e continuare il loro lavoro da casa. Poi ha salvaguardato la nostra salute, in quanto non dovendoci recare sul posto di lavoro, il contagio si riduceva di netto rispetto a chi ha continuato a prendere i mezzi pubblici ad esempio. E per ultima ma non di importanza ha aiutato il proseguimento della didattica. La famosa DAD (didattica a distanza) è proseguita a beneficio di tutti gli studenti a livello mondiale. In molti, sbagliando, paragonano lo smart working all’alienazione dalla società. Ma non è vero. Lo smart working non è alienazione: è il virus ad esserlo.”
“In tutto il mondo, sentiamo ripetere come un mantra che abbiamo perso la nostra libertà. Questo perché non avendo mai provato, nessuno di noi - per fortuna, aggiungo io - davvero la privazione di questo diritto fondamentale, nelle normative e regole vigenti in molti si sentono privati della loro libertà.
Ma i limiti che ci vediamo imposti sono solo la conseguenza della presenza di una pandemia in atto. Mi spiego meglio. Se io sono fortemente influenzato, questo mi costringe a rimanere a letto ma di fatto non ho nessuna privazione della mia libertà. È una conseguenza della mio stato di salute e non certo perché è scomparsa la democrazia. Abbiamo dovuto tollerare alcune norme per salvarci la pelle. Le esigenze hanno una gerarchia e al primo posto ora c’è la salute, al secondo posto la democrazia e al terzo posto l’economia.
Anche se, a conti fatti, nei ‘palazzi’ di Confidustria in molti hanno fatto pressing per lasciare aperte numerose attività. È una mossa comprensibile ovviamente, soprattutto se pensiamo ai piccoli imprenditori, ma è sotto gli occhi di tutti -in merito al numero dei nuovi contagi- di come poi siano andate le cose. Inoltre, grazie alla digitalizzazione se pensiamo alle precedenti pandemie come quella avvenuta nel 1919, a quei tempi non c’era il telefono, non c’era la radio, non c’era la tv, non c’era internet e il massimo che si poteva fare era leggere. Anche se il 70% allora era per la maggior parte analfabeta. Ora nonostante l’isolamento riusciamo a connetterci con il resto del mondo."
“E’ chiaro che nessuno della classe politica attuale – a livello mondiale – era preparato ad evento come quello che stiamo ancora tutti vivendo. Si può dire che abbiamo assistito ad un ‘Talk Show’ complessivo che era diventato l’Italia stessa. Se sentivi parlare Matteo Salvini, andava tutto male. Se ascoltavi le dichiarazioni di Zingaretti invece, era tutto sotto controllo e andava tutto bene.
La politica è stata 'contagiata' da infantilismo e provincialismo. E, nonostante, momento per momento, ci siamo comportati e mossi, meglio di altri paesi (siamo i primi in Europa per percentuale di vaccinati), si dibatte ancora sulla questione che il nostro Paese doveva cercare di avere più soldi dall’Europa. Forse in molti non sono a conoscenza che, l’Italia è riuscita ad ottenere più del doppio: 219,000 miliardi rispetto ad esempio agli 80 milioni dell’Olanda. Quando si dice che il nostro piano di Recovery Fund è in ritardo è un’immane sciocchezza. Erogare una cifra minore è più semplice e veloce. Erogare una cifra pari a quella destinata al nostro Paese è ovvio che richieda più tempo. Si continua a polemizzare su tutto ma se la polemica, il confronto sui fatti reali è costruttiva, su fatti ipotetici è deleteria.”
“La maggior parte di essi hanno creato una confusione enorme. Nei Talk Show che ci sono stati propinati quotidianamente, anche gli argomenti più semplici, inerenti al Covid-19 venivano stravolti, creando di volta in volta allarmismi inutili nella popolazione. Mi spiace dirlo ma quelli che si sono comportati peggio di tutti sono stati gli organi di stampa e i media tv. Sono stati infantili e hanno messo uno contro l’altro persino virologi di fama internazionale, trasformandoli in pseudo-commentatori.”
“Per paradosso la salute è finalmente diventata un fattore primario. Prima di oggi ogni cosa era stata trascurata, tralasciata dai pagamenti minimi previsti per gli infermieri e i medici di base che, ora più che mai, con il loro apporto stanno dando un contributo enorme per combattere questa pandemia. È triste ma è la verità: l’importanza di avere personale specializzato e formato e strutture adeguate e non fatiscenti, l’abbiamo imparata solo a causa della pandemia. Agiamo solo quando siamo costretti. Nonostante questo, il ‘modello Lazio’ insieme a quello Veneto è riuscito a far fronte al numero di ricoveri, con una buona percentuale rispetto alla Lombardia ad esempio, di meno morti e contagiati che è risultata sempre nella media.”
“Un’altra cosa che ci ha insegnato la pandemia in atto è che, attraverso internet possiamo realizzare comunque una formazione scolastica completa dove si può coniugare la lezione di persona con quella a distanza. Come professore universitario posso affermare con certezza che, se alcune cose riescono meglio in presenza, altre avvengono altrettanto bene a distanza. Nella situazione odierna l’abilità richiesta a noi docenti è quella di riuscire coniugare al meglio queste due realtà. Al momento nella didattica a distanza se la sono cavata meglio i licei e le università, già abituati ad usare gli strumenti 2.0 per rimanere ‘connessi’ anche fuori dall’aula di studi. Io stesso avevo potenziato, in tempi non sospetti il mio sito. Uno studente fuori sede infatti già da prima poteva, senza bisogno di recarsi in aula, usufruire delle dispense pubblicate sul sito, i programmi e le prossime lezioni. Certo, in qualche modo i ragazzi si sono sentiti privati della loro socialità all’interno dell’università. Qui vengono per studiare ma anche per socializzare, confrontarsi e perché no, rimorchiare.”
“Questa pandemia aumenterà la forbice tra migliori e peggiori. I migliori si ritroveranno cambiati in meglio e, al contrario, i peggiori guarderanno sempre e solo al loro guadagno personale. Questo periodo storico si potrebbe riassumere in due semplici parole: solidarietà ed egoismo. Pensi all’ultima dichiarazione della Moratti. Secondo lei i vaccini andrebbero destinati usando come parametro il Pil (la notizia è stata riportata su diversi quotidiani, n.d.r.). I poveri e i meno agiati possono anche perire sotto i colpi di questa pandemia. A livello mondiale? La pensano tutti come la Moratti.”
è un sociologo. È professore emerito di Sociologia del lavoro presso l'Università “La Sapienza” di Roma, dove è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione.