Dopamina e cortisolo
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Cosa rende così difficile staccarsi dal telefono e ignorarlo per tempi prolungati?
Esiste una teoria differente da quella del ritorno alla normalità.
In questi due anni di mutazione del messaggio pubblicitario, dallo smarrimento del marketing di fronte ai “lockdown” alla ri-calibrazione di messaggi basati sulla sicurezza, sulle aspettative per un futuro di “ripresa”, e sulla censura di spot pubblicitari non consoni alla situazione (ad esempio contenenti abbracci), l’analisi proposta dagli addetti al lavoro potrebbe sembrare sufficiente. [1] L’importante mutazione del comportamento sociale, legata alla digitalizzazione spinta della società, spinge ad approfondire l’analisi.
Esiste una teoria differente da quella del ritorno alla normalità, è quella che la pandemia abbia creato una singolarità attraverso la quale un procedimento già in atto ha compiuto un salto di qualità.
Si tratta del processo, sia economico che sociale, di atomizzazione individuale e digitalizzazione spinta. La tesi è presentata nel saggio su pandemia e pubblicità [2] il cui titolo, Neurobiscotti, non si riferisce solamente al meccanismo di tracciamento sui siti web, utile alla profilazione dell’utente e alla continua personalizzazione dei messaggi veicolati. Il saggio allude anche a biscotti veri, analizzando la campagna pubblicitaria televisiva di un arcinoto brand di prodotti da forno, il cui motivetto “Cerca la tua felicità”, sonorizzato con la famosa “My favourite Things” ha proposto in questi ultimi anni spot pubblicitari tutti centrati su manie personali, tic, fissazioni, preferenze ossessive, meritando pienamente la definizione di neurobiscotti.
Documentando il percorso di cambiamento della Tv da lineare a on demand, si indica la pandemia 2019/2021 come momento epocale di cambiamento nella abitudini degli italiani.
La pandemia avrebbe creato una di quelle congiunzioni fortuite ma preparate da una generale tendenza che possiamo definire antropologica, e che si intreccia con la nuova strategia di sviluppo di un capitalismo elettrico e digitale. Il risultato è l’esplosione verso l’alto del consumo di connessione digitale e dell’uso di dispositivi digitali domestici.
La pandemia avrebbe anche segnato un punto di non ritorno, e non solo un veloce e passeggero “aggiustamento” nei messaggi pubblicitari, come nel caso dei famosi anelli congiunti del brand automobilistico che improvvisamente tengono la distanza ma poi tornano al loro posto. Si tratta di una singolarità che cambia definitivamente le necessità di igiene pubblica, culturali, ed economiche già in mutazione.
Leggiamo nel saggio come secondo il Censis:
“le “diete mediatiche degli italiani” stavano già profondamente cambiando… La rilevazione dei consumi mediatici degli italiani nel 2019 evidenzia che la fruizione della televisione in generale è stabile, ma si registra una flessione dei telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: -2,5% in un anno), mentre resta salda l’utenza della tv satellitare (-0,1%) e crescono significativamente la tv via internet (web tv e smart tv salgono al 34,5% di utenza: +4,4% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% di spettatori nel 2007 all’attuale 28,2%, con un aumento del 2,3% solo nell’ultimo anno)”.
I “neurobiscotti” vendono un particolare prodotto immateriale assieme alla loro confezione. Nel loro caso la ricerca della sicurezza (maniacale) nei riti di inizio giornata, con una sottolineatura dell’angoscia dell’uscita dal rifugio domestico che è prevalsa quasi in contemporanea con i “lockdown”, e che resterà permanente anche dopo la pandemia.
“Vediamo così Filippo (che mangia i Flauti, suoi, dividendoli con Laura) e si sente felice camminando solo sulle mattonelle bianche. Oppure la co(l)azione a ripetere di Gaia, che ogni mattina quando va in edicola fa girare con faccia da ebete il porta cartoline semivuoto (e a colazione ha mangiato le Cecille guardando attraverso il loro buco). Osserviamo poi l’adulto bambinone Lorenzo, che ama scivolare sui pavimenti incerati anche se vive nel XXI secolo, ed al mattino sta rannicchiato in cucina contando sino a tre dopo aver immerso i Cioccograno nel caffè, tramandando al figlio la sua mania.”
Ecco quindi che la pandemia accelera un processo in corso con la presenza di schermi nei luoghi domestici, frammentando in più visioni personalizzate la altrimenti tradizionale visione familiare della Tv:
“…nel 2021 nelle case degli italiani stazionavano ben 119 milioni e 400mila schermi, con una media di circa 5 schermi per famiglia, mentre nel 2019 gli schermi casalinghi erano poco più di 112 milioni. Dall’inizio della pandemia quindi sono comparsi circa 7 milioni di schermi in più.”
Il periodo pandemico incrementa soprattutto l’acquisto e l’uso di tanti altri dispositivi digitali, sia per lo “smart working” che per il tempo libero, vissuto chiusi tra le mura domestiche. Basti pensare “all’acquisto dei PC Portatili per il Gaming, con una crescita delle vendite del più 20 per cento a valore e del più 31 per cento a unità, rispetto allo stesso periodo del 2019.”
Si parla quindi della genesi senza via di ritorno di un “Pianeta D”, che supplisce in modo definitivo al fatto che “non esiste un Pianeta B”, con ampia rimessa di capitali e nuovo plus valore.
Pianeta D che è il compimento di quel percorso che Bruno Ballardini, noto esperto di comunicazione strategica (autore de “La morte della pubblicità” e di “Gesù lava più bianco”. Come la Chiesa inventò il marketing”), riassume così nella prefazione al saggio. Ballardini si riallaccia al discorso sulla dematerializzazione dell’Altro e sulla tecnica dello “spot”.
“L’assenza dell’oggetto, dell’altro, ci abitua a una continua crisi della presenza, a molte centinaia di lutti al giorno che tentiamo di elaborare materializzando ciò che è virtuale. In fondo, la pubblicità si è sempre basata su questo meccanismo e ha contribuito a riprodurlo. Ma ci sono state conseguenze anche per questo bombardamento costante, con ordigni a frammentazione, che abbiamo subìto ventiquattro ore su ventiquattro da tutto il dopoguerra a oggi. Walter Benjamin, che non fece in tempo a conoscere la televisione, applicò le sue osservazioni alla frammentarietà del medium cinematografico, osservazioni che possono essere ancora utilizzate oggi con i nuovi media. Citando Georges Duhamel, Benjamin arrivò a concludere che l’interruzione comporta un continuo “effetto shock” sul nostro flusso associativo.”
Nel saggio si accenna infatti alla vocazione pedagogica della Rai (con prosaico accenno ai suoi ricavi da pubblicità) ma anche ai recenti spot di Meta sul Metaverso, prodotto che viene presentato da una voce femminile piana e sintetica come qualcosa che avrà “un impatto reale”. Meta vuole vendere un nuovo modo di esperire. Un nuovo modo di istruirsi, “immergendosi” in scenari teatrali virtuali nei quali poter “avvicinare” le figure storiche che si studiano. Spot rilasciati nell’autunno 2022 e visibili anche online. Da notare i commenti impietosi sulla presentazione fatta da Meta di studenti che ammirano “Marco Antonio a Roma nel 32 A.C. “Chi glielo dice a Zuckerberg che Marco Antonio nel 32 A.C. non si trovava a Roma ma in Egitto con Cleopatra? Meglio che gli studenti di storia stiano sui libri e non nel metaverso”. Un mondo quindi in cui la virtualità è sinonimo di falsità, perché sappiamo bene la differenza tra ricostruzione storica ad uso cinematografico o per il gaming e lo studio di storia e storiografia. Per questo occorre mantenere saldo il dubbio su quale sia la reale intenzione di Meta, poiché i suoi spot pubblicitari sembrano offrire strumenti facilitanti, come copertura per quello che è un vero e proprio addestramento ad una dipendenza generale sempre più profonda dalla virtualità. Un metaverso le cui finalità sono commerciali ma il cui impatto sarà psicologico, politico e sociale.
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Note:
[1] Si veda ad esempio il volume a cura di Stefano Rolando “Pubblicità & pandemia. Rapporto di un anno di resistenza”, contenente i materiale dell’Osservatorio IULM sulla comunicazione pubblica, Libreria universitaria edizioni, Padova, 2022
[2] “Neurobiscotti. Pandemia e pubblicità”, di Francesca Dada Knorr, ed. Nova Logos, Roma, gennaio 2022 .